Crollo dell’industria italiana che a marzo 2016 vede una contrazione del fatturato pari al 3,6% sul precedente periodo dello scorso anno e dell’1,6% sullo scorso febbraio. Principale responsabile di questi negativi dati è il comparto dell’auto, che segna un -6,5%, primo calo dal 2013.
La notizia – ampiamente ripresa da vari organi di stampa – deve indurre una riflessione non più rinviabile. Il mercato dell’auto rappresenta una delle voci più importanti per l’economia nazionale, sia per quanto riguarda la produzione (fabbriche e stabilimenti ancora presenti, officine) che la distribuzione (concessionari), con un numero complessivo di occupati che sfiora il milione.
La crisi ha colpito in maniera sensibile il settore, con un calo di immatricolazioni, fatturato e ovviamente di addetti ai lavori. Le motivazioni sono varie e di difficile esatta quantificazione: il caro-petrolio (ormai però superato), la maggiore attenzione all’ambiente (in parte coperto da auto ibride), la nota minore disponibilità economica complessiva, i costi indiretti (assicurazione, bollo, etc..).
Alcuni interventi (spesso discussi e contestati) sono stati intrapresi, fra incentivi (su cui vi è la scure degli “aiuti di Stato”) e superbolli inseriti e rimossi, rimossi ed inseriti. Di certo, qualcosa deve essere fatto per il settore, che ad oggi difetta del più grande valore per i traffici giudici: la certezza. Ed un dato, la fiducia dei consumatori, che ad aprile ha visto l’ennesimo calo a 114,2 (dato Istat), dà la dimensione di questa voragine. Da qui è necessario ripartire, ma dove intervenire?
Il vero, enorme, buco nero del settore è dato dal fenomeno delle intestazioni fittizie (100.000? 150.000? Oltre? Nessun dato ormai è certo, e le stime sono sempre corrette per eccesso). Le autovetture formalmente di proprietà di prestanomi alimentano la paura sulle strade (incidenti e assenza di assicurazione) e negli scambi giuridici. Troppi autoveicoli, con troppi intestari fittizi contribuiscono a paralizzare mercato del settore e ad allungare i tempi di una Giustizia Civile sempre più al collasso. L’unica soluzione è un ritorno ad un – sano – passato, superando le cosiddette liberalizzazioni Bersani che nel 2006, eliminando la necessità dell’autentica notarile per i passaggi di proprietà di autoveicoli, hanno aperto le porte del settore all’illegalità. A distanza di dieci anni i numeri condannano quella scellerata scelta e la necessità di un passo indietro – rectius, in avanti: verso la certezza dei traffici giuridici – si rende necessaria. Ininfluente, in questo obbligato percorso, il tema dei costi a carico del cittadino. Premesso che l’eliminazione dell’obbligo dell’autentica notarile non ha portato alcun risparmio economico (fra costi, diretti, delle agenzie di pratiche auto e costi, indiretti, per le generali spese di giustizia dovute all’aumento del connesso contenzioso, vi è stato addirittura un aggravio) la soluzione auspicata è di concordare una tariffa sociale – eventualmente collegata alla potenza dell’autovettura trasferita – che coniughi le esigenze di sicurezza con le necessità economiche contigenti.
Autentica e costi certi, per rimettere in marcia autoveicoli ed Italia.
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