Si narra che presso lo studio di Colonia San Tommaso d’Aquino fosse soprannominato – dai suoi compagni – il bue muto e che Sant’Alberto Magno apostrofò la circostanza dichiarando “Io vi dico che quando questo bue muggirà, i suoi muggiti s’udranno da un capo all’altro della terra!“.
Con il massimo rispetto dovuto per un Santo e Dottore della Chiesa, l’aneddoto ben introduce un nuovo istituto che la scellerata legge sulla concorrenza ha introdotto nel nostro ordinamento: il cosiddetto deposito-prezzo. Come già anticipato, la nuova disciplina – di cui all’art. 1 comma 63 e seguenti – riprende una normativa già tracciata nella legge di stabilità 2014, rimasta tuttavia senza pratica applicazione. In breve, dopo tre anni di silenzio il bue muggisce ma – purtroppo – non ci allieta con Sintesi, Questioni e Commenti teologici – bensì ci costringe ad affrontare nuove criticità.
E’ ovviamente determinante riassumere cosa prevede la nuova disciplina, che si concretizza nella possibilità di richiedere al Notaio in sede di compravendita immobiliare da parte dell’acquirente che il saldo del prezzo sia trattenuto dal medesimo pubblico ufficiale fino al momento dell’esatta esecuzione delle formalità nei Registri Immobiliari. Come infatti noto solo la trascrizione rende opponibile erga omnes l’avvenuto acquisto dando definitiva certezza e sicurezza al compratore. Il Notaio ha trenta giorni di tempo dalla stipula dell’atto per potere procedere alla registrazione e a tutte le necessarie formalità; si vuole quindi evitare che in detto lasso di tempo possano subentrare pregiudizi per il nuovo proprietario. Si pensi, ad esempio, ad ipotesi “fraudolente”, quali una successiva vendita a terzi ignari o “inaspettate”, come la trascrizione di un pignoramento per un debito mai saldato. In tutti questi casi chi prima trascrive prima acquista e per il soccombente in buona fede non rimane che la strada dell’azione giudiziaria contro il dante causa con costi e tempi che tutti conosciamo.
In questa ricostruzione il nuovo istituto pare meritare il plauso generale, conferendo maggiori certezze all’ordinamento, richiamando quanto già avviene in altri Paesi (si citi la Francia), evitando il sorgere di contenziosi. Rimane tuttavia la faccia oscura della luna, con problemi, considerazioni, criticità ed una prassi tutta da inventare su cui non si può soprassedere.
Il primo punto – di politica legislativa – da affrontare concerne la reale necessità della nuova disciplina. Quanti casi di intervenute formalità pregiudizievoli fra stipula della compravendita e trascrizione nei Registri Immobiliari hanno conosciuto i nostri Tribunali? Agli operatori del diritto, agli agenti immobiliari, ai clienti degli studi notarili domando: quante volte avete dovuto fronteggiare situazioni del genere? La personale esperienza professionale e il confronto quotidiano nel settore danno cifre risibili se non nulle. L’esigenza di istituzionalizzare il deposito-prezzo era veramente così pressante?
Perché – secondo aspetto da non considerare – è necessario valutare la derogabilità della nuova disciplina. Autorevoli commenti hanno già sottolineato come – se il legislatore ha riproposto e “normativizzato” – un istituto già accennato nel 2013 e di cui si erano perse le tracce la volontà è palese: renderlo pienamente operativo. E questa piena operatività non può che passare per una ferrea inderogabilità, giungendo qualcuno a parlare di “diritto indisponibile” riconosciuto all’acquirente quale “parte debole”. La mia personale ricostruzione è assai diversa, chiarendo come la disponibilità dei diritti attiene a ben distinta sfera dell’individuo (salute, vita coniugale, etc..) e in una compravendita tra persone fisiche si fatica ad individuare un soggetto con maggiore forza contrattuale dell’altro (non siamo nel contesto di fornitura di servizi od oligopolisti settoriali). Ritengo quindi sia più ragionevole ricondurre il deposito-prezzo nell’alveo delle facoltà riconosciute al compratore, così come avviene per quanto concerne la richiesta della conformità edilizia; l’acquirente può farne richiesta e l’alienante – nel caso – deve sottostare, ma con libera ed unanime volontà di derogare alla nuova disciplina.
Proprio trattandosi di un’introdotta normativa in un mercato quale quello immobiliare che rallenta – causa crisi – ma non si ferma, ci si deve porre il quesito di come trattare tutti gli accordi di vendita già perfezionatisi in un preliminare ma in attesa di definitivo. Il deposito-prezzo si applica anche a loro? Se nulla era prima convenuto ora l’acquirente può pretendere le tutele offerte dal nuovo istituto? Anche relativamente a questo tema le prime ricostruzioni divergono, con una visione più intransigente che riconosce al compratore già ad oggi promissario acquirente il diritto di chiedere ed ottenere il vincolo del saldo fino all’esecuzione delle formalità. Ma laddove il venditore si rifiutasse, sarebbe inadempiente con conseguente versamento del doppio dell’eventuale caparra? O si potrebbe trattare di una giusta causa di risoluzione del contratto? E le probabili spese già sostenute a carico di chi saranno? E’ evidente – a mio modesto parere – che questi semplici quesiti – che aprono la vista su problemi concreti ed inevitabili – ben chiariscano come se la ratio della nuova legge è di evitare il contenzioso un’applicazione immediata e retroattiva scivola in direzione totalmente opposta. Per questo motivo ritengo che il deposito-prezzo, costituendo un elemento nuovo e condizionante della fase di alienazione di un immobile e determinando un ulteriore aggravio a carico del venditore, possa trovare applicazione solo per le operazioni conclusesi a decorrere dal 29 agosto 2017, data di entrata in vigore della disciplina.
E’ altresì opportuno domandarsi se vi siano alternative alla consegna del saldo del prezzo al Notaio, soprattutto in quelle occasioni in cui la somma deve essere immediatamente disponibile al venditore per – ad esempio – perfezionare un distinto acquisto. Il meccanismo in verità più semplice e rapido è procedere già alla trascrizione del preliminare, conseguendo così quell’effetto prenotativo che “blinda” il bene. Se – infatti – tra preliminare ed esecuzione della relativa formalità interviene un gravame l’acquirente potrà recuperare la caparra o l’acconto – trattenuto dal Notaio – e non procedere all’atto definitivo. La trascrizione del preliminare – in breve – garantisce da subito, evita che il saldo del prezzo rimanga bloccato e fornisce garanzie anche al venditore, che non deve temere future aggressioni sul bene promesso in vendita.
Ma il dibattito sul tema – come sempre – termina in una valutazione economica: quanto costerà il nuovo istituto a chi compra e vende casa? Di certo avremo degli oneri “di sistema”, con un rallentamento di ogni operazione ed un travaso di denaro fra i conti correnti. In secondo luogo andrà valutato il compenso al Notaio quale depositario fiduciario; la responsabilità di trattenere e disporre di somme non indifferenti – con conseguenti rischi e necessità di tutele anche assicurative – dovrà essere remunerata. Queste valutazioni conducono all’auspicio che – come avviene in Francia dove la materia è regolata da apposita tariffa – vi sia una previsione regolamentare nazionale che disciplini gli oneri annessi al deposito prezzo fra cui la commissione del Notaio incaricato. Volendo essere ulteriormente propositivi ritengo sia opportuno rilanciare l’istituto del contratto preliminare trascritto, vera alternativa con addirittura maggiori indici di sicurezza, come sopra illustrato. Il vero limite di questa figura risiede nei costi di registrazione e formalità. Da qui un invito: rendiamo il preliminare trascritto esente da oneri fiscali, eventualmente vincolandolo ad un definitivo entro dodici mesi, oltre i quali saranno dovute tutte le imposte già attualmente previste.
Il deposito-prezzo rischia di rivoluzionare il mercato immobiliare italiano, senza tuttavia conseguire quegli obbiettivi di maggiore sicurezza con cui è stato presentato. Anzi, nel breve periodo il vero rischio è un aumento del contenzioso e rallentamento delle compravendite. Ai protagonisti del settore – in primis i Notai – il compito di evitare che questo accada.
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