La corruzione viene universalmente indicata come uno dei fattori che maggiormente incidono sulle possibilità di crescita economica del Paese. Di certo non è – come una diffusa vulgata tenta di spacciare – l’unico male dell’Italia e non ne rappresenta un vizio endemico sconosciuto Oltralpe (dal dieselgate ai finanziamenti libici alle campagne presidenziali francesi gli esempi non mancano) ma la sua lotta deve costituire un pilastro di ogni seria azione di Governo anche per i riscontri d’immagine che comporta all’estero e nei confini nazionali.
In tale contesto, il 18 aprile scorso è stato approvato il decreto legislativo 50/2016 che ha dato alla luce il nuovo Codice dei contratti pubblici. Questo decreto legislativo va a sostituire la disciplina del decreto legislativo 163/2006. Il d.lgs. 50/2016 recepisce tre direttive dell’Unione europea: la 2014/23/UE sull’aggiudicazione di contratti di concessione, la 2014/24/UE sugli appalti pubblici e la 2014/25/UE riguardante le procedure di appalto in determinati settori.
La stesura di un nuovo Codice è stata resa necessaria dalle numerose modifiche che sono state apportate al precedente Codice riducendolo a un conglomerato di norme rammendanti. Fra le critiche mosse al d.lgs. 163/2006 sicuramente si deve riportare quella riguardante l’elevata quantità di articoli, che ammontavano infatti a più di duemila. Questa ipertrofia normativa è posta, da molti, all’origine di inefficienze e ostacoli della disciplina di settore vigente nel nostro Paese. Il nuovo Codice conta poco più di 200 articoli e l’elemento fondamentale che lo caratterizza è la soft law, istituto innovativo per il nostro ordinamento, che si differenzia dai normali strumenti di normazione (leggi, regolamenti, ecc), i quali producono norme dotate di efficacia vincolante per i destinatari.
Il decreto ha concesso ampio spazio alle linee guida che saranno predisposte dall’Autorità Nazionale Anticorruzione. Lo stesso dottor Cantone, presidente dell’ANAC, in un’intervista a “Il Sole 24 Ore”, ha accolto con estremo favore il coraggio dimostrato dal Governo nell’affrontare questo passaggio. A proposito della soft law ha dichiarato che è la risposta giusta, «più flessibile e più adattabile della iper-regolamentazione del passato alla velocità con cui si evolvono i fenomeni corruttivi». Certamente concedere all’ANAC un potere di regolamentazione, oltre a quello di controllo che già detiene, potrebbe rappresentare uno sforzo eccessivo in capo all’Autorità, inoltre significa che l’esecutivo si priva della propria funzione e dei poteri che gli sono stati concessi dalla legge delega 50/2016.
La soft law è un tentativo audace da parte del legislatore di concedere alle pubbliche Amministrazioni una maggiore libertà di movimento all’interno delle norme contenute nel Codice dei contratti pubblici; la soft law si contrappone alla rigidità e ristrettezza della normativa contenuta nel precedente Codice degli appalti. Le restrizioni poste dal d.lgs. 163/2006 costringevano l’Amministrazione a una limitazione della discrezionalità, che diveniva fonte di inefficienza, poiché impediva la costruzione di procedure di affidamento e modelli contrattuali esattamente calibrati sul contratto da aggiudicare ed eseguire. L’assenza di negoziazioni (tanto in fase di scelta del contraente che in corso di esecuzione del contratto) impediva alla pubblica Amministrazione di migliorare la sua conoscenza dell’oggetto contrattuale e di fare scelte più consapevoli. In Italia si era, in breve, rinunciato all’efficienza a priori, per contrastare la corruzione.
In questo solco dovrà inserirsi l’intervento del professionista, necessariamente indirizzato, nella propria opera di consulenza per il soggetto privato, anche a valutare tutti gli elementi tesi a favore la lotta al fenomeno corruttivo. Il notaio – quale pubblico ufficiale – potrà ritagliarsi un ruolo centrale in materia, rappresentando un elemento di garanzia, anche verso l’esterno, dei soggetti che lo coinvolgeranno nei meccanismi contrattuali. La scelta su chi affidarsi diventerà elemento valutativo degli attori del settore. Sarà necessario un arco di tempo sufficientemente lungo per poter constatare i reali effetti positivi di tale strumento normativo, con il quale il legislatore tenta di combattere il cruccio della corruzione nel nostro Paese.
È presente la consapevolezza, però, come affermato anche dallo stesso Cantone, che non sarà una norma a sopraffare una patologia che affligge l’Italia e da tempo costringe investitori stranieri a non avviare operazioni economiche nel nostro mercato. E’ necessario implementare una cultura della legalità e del senso civico nella vita quotidiana dei cittadini, con la consapevolezza che la politica deve divenire una classe dirigente da prendere come esempio. Nell’attesa di ciò questo Codice enfatizza l’operato dei funzionari delle pubbliche Amministrazioni, concedendogli fiducia e ampia responsabilità, un grande passo verso un futuro, si spera, migliore.
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