Il primo trimestre del 2016 ha registrato un risveglio del mercato immobiliare italiano, che segna un incremento del volume delle vendite su base nazionale.
Il dato, che si inserisce nel solco di un 2015 già positivo – se confrontato con gli ultimi terribili anni – si accompagna ad una maggiore erogazione sul fronte del credito, con un aumento di oltre il 30% anche se, plausibilmente, tale generosa doppia cifra è condizionata dalle surroghe ancora in piena esplosione, complici i tassi d’interessi ormai minimi.
Le prospettive, secondo gli operatori del comparto, sono incoraggianti anche per il resto dell’anno, con un risveglio generale del mercato, unito – si confida – ad un rallentamento del crollo dei prezzi, almeno nelle grandi città. In verità, ancora in questo iniziale trimestre le quotazioni persistono in una modesta discesa (leggermente superiore al 3%), su cui si tornerà a breve. Lo scenario non può che essere motivo di soddisfazione, non solo per gli occupati del comparto – Notai inclusi – ma per tutta l’economia nazionale, di cui l’edilizia rappresenta l’11% del PIL occupando oltre 3 milioni di addetti.
La ripresa immobiliare è sicuramente favorita, oltre dalla persistente discesa dei prezzi, anche da una serie di più o meno recenti interventi normativi: detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e per gli acquisti del nuovo da costruttore, imposte fisse per le aggiudicazioni a seguito di aste, possibilità di comprare rivendendo la propria prima casa successivamente entro l’anno. Ci si deve dunque domandare se questi provvedimenti siano effettivamente determinanti, cosa potrebbe accadere quando verranno a mancare (in alcuni casi il termine è al 31 dicembre 2016) e se e cosa si possa ulteriormente fare.
Una valutazione, in termini di sistema edilizia, è necessaria: il vero fulcro del settore è determinato dalle nuove costruzioni (o totali riqualificazioni di aeree). Alcuni interventi (in primis le detrazioni in caso di acquisto da costruttore di immobile in classe energetica elevata) sicuramente hanno favorito questo segmento, ma in maniera ancora non soddisfacente. L’acquisto da privato – o addirittura da asta giudiziaria, a seguito delle novità ricordate – rimane ancora maggiormente appetibile, complice il sistema del prezzo valore, che conduce alla tassazione sul più basso valore catastale rispetto a quello di mercato. In breve, al privato conviene acquistare da privato, pagare il 2% (se prima casa) o il 9% sul valore catastale e poi ristrutturare il bene, godendo delle ulteriori detrazioni. La vendita dal costruttore sconta l’IVA al 4% o al 10% sul maggiore prezzo di vendita ed è economicamente meno conveniente.
Si rende pertanto opportuna una seria riflessione sull’opportunità di superare il sistema del prezzo-valore e prevedere sempre e tout-court la tassazione sul prezzo di vendita. La normativa fu studiata per contrastare il fenomeno dei ben noti “pagamenti in nero” ma una soluzione può essere non così lontana: ancorare le parcelle notarili in maniera percentuale (1%?) al prezzo di vendita, rendendo i Notai i primi vigilanti della fedeltà fiscale (vigilanti interessati, perché ad una diminuzione del prezzo dichiarato corrisponde una contrazione di quanto incassato a titolo di onorario). Il sistema – da coniugare, ovviamente, con più certi criteri di valutazione in sede di possibile accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate – garantirebbe altresì anche ai cittadini un riscontro certo circa i costi delle transazioni, in linea con quanto avviene nel resto d’Europa (Spagna, Francia, Germania, dove le tariffe notarili sono fissate per le legge e tutelano innanzitutto il consumatore).
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