Risulta fallito il tentativo di colpo di stato che ha sconvolto questa notte la Turchia. Dopo ore di scontri in particolare ad Istanbul e ad Ankara, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (colloquialmente noto anche come il “Sultano”), rientrato infine sul Bosforo, ha annunciato, come già il primo ministro Efkan Ala, di avere ripreso il controllo del Paese.
Una concomitanza di fattori ha portato al fallimento il piano dei militari. In primo luogo una ormai acclarata mancanza di intenti comuni, con la Marina che si è fin dall’inizio dichiarata contraria e l’Aeronautica che ha oscillato in attesa degli eventi. In secundis la capacità di mobilitazione del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), che ha immediatamente invitato i cittadini a scendere nelle strade, limitando le capacità di manovra dei militari. La lealtà delle forze di polizia al Sultano è stato un altro elemento determinante: la definizione delle stesse come “pretoriani” è parsa in questo caso assolutamente puntuale. Da ultimo ma forse più importante, a sancire l’insuccesso è stata la mancata cattura di Erdogan, capace di fuggire – almeno temporaneamente – in aereo.
Le ore trascorse del presidente turco sui cieli d’Europa sono state quelle decisive e su cui non si avrà mai chiarezza. Le voci hanno riportato tentativi (rigettati) di esilio prima a Berlino, poi a Londra, ed infine ad Amsterdam; nel mentre sono intercorse frenetiche trattative, coronate dalle dichiarazioni di Barack Obama (“USA con governo eletto“) e Angela Merkel (“L’ordine democratico deve essere rispettato“) che hanno anticipato al mondo il fallimento del golpe. Il prezzo di questo decisivo endorsement sarà svelato solo dal tempo.
L’Italia ha prudentemente atteso il corso degli eventi, con la Farnesina soprattutto impegnata a valutare la sicurezza dei nostri connazionali in Turchia. E’ opportuno ricordare come i rapporti fra Roma e Ankara siano ampiamente strutturati in una pluralità di trattati, fra cui spicca l’Accordo sulla protezione e promozione degli investimenti, sottoscritto nel 1995 e ratificato dal nostro Parlamento nel 2004. L’Italia rappresenta uno dei principali partner commerciali della Turchia, con una buona penetrazione di nostre aziende nel mercato della mezzaluna.
E’ opportuno chiedersi come e in che modo gli eventi di questa notte incideranno sulla Turchia e nei rapporti con l’Italia. E’ plausibile che la reazione di Erdogan sarà furiosa, con la definitiva esautorazione dell’esercito dalla scena politica e l’eliminazione di ogni opposizione interna. Non è dato sapere se la “cambiale” sottoscritta con i partner internazionali investa solo i rapporti commerciali ovvero anche di quelli interni, eventualmente con l’impegno a porre un freno alla corsa verso un presidenzialismo in salsa islamica che preoccupa non pochi osservatori internazionali. Da valutare anche l’evoluzione delle relazioni con l’Unione Europea, già oggetto di profonde (e controverse) trattative relativamente alla gestione dei profughi siriani. In quella sede Erdogan, abilissimo mercante, sulla pelle di donne e bambini aveva ottenuto aiuti economici (nell’ordine di miliardi di euro) e promesse in ordine alla liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi nonché al potenziamento dei rapporti tra Bruxelles e Ankara. In tal senso, già circolano non piacevoli voci di riduzione dei dazi su determinate produzioni agricole turche; si parla in particolare dei pomodori, settore in cui l’Italia è il principale produttore europeo ma la Turchia ha visto una vera e propria esplosione negli ultimi anni.
In conclusione, il fallito colpo di stato non pare condizionare nel breve termine rapporti e accordi in essere fra Turchia ed Italia. Si rende tuttavia opportuna una continua ed attenta valutazione della situazione nei prossimi mesi per evitare che nuovi trattati con Unione Europea o altri partner possano nascondere criticità per il nostro Paese.
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