E’ notizia odierna la decisione dell’Associazione degli Enti previdenziali privati di investire nel cosiddetto fondo Atlante 2, strumento formalmente privato ma di ispirazione pubblicissima (ed i plausi all’operazione risalgono alle primissime ore, si vedano le dichiarazioni del premier Matteo Renzi e del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan lo scorso mese d’aprile) finalizzato a puntellare il sempre più debole argine delle banche italiane.
Atlante 2, in particolare, è il nuovo fondo dedicato esclusivamente all’acquisto e alla gestione dei cosiddetti non performing loans (in sigla: NPL), crediti ironicamente definiti non performanti e più prosaicamente mai più esigibili che affossano i bilanci degli istituti di credito tricolori.
Il mercato dei crediti non performanti sta avendo discreta attenzione, con varie operazioni condotte, anche nel nostro Paese, da soggetti stranieri specializzati nel settore (fra i più attivi protagonisti si ricorda il finanziere italiano di base a Londra Davide Serra con il suo Algebris, la cui vicinanza al premier Matteo Renzi ha alimentato non poche perplessità). I margini di guadagno possono essere elevati, acquisendo dagli istituti di crediti le posizioni più difficili a prezzi (percentuali) irrisori, con possibilità di cospicui incassi in sede di recupero.
Proprio la circostanza dell’interesse che questo mercato abitualmente raccoglie nella comunità finanziaria deve indurci a riflettere sul perché il Governo sia stato costretto a sollecitare (rectius: invocare? ancora: estorcere?) l’intervento delle Casse private in Atlante 2. Evidentemente, non vi erano attori specializzati – in primis esteri – interessati nell’affare. Perché? A voi la scontata risposta.
E’ altresì veramente paradossale – da valutare in ambito medicino, alla voce “sindrome di Stoccolma” – l’entusiasmo con cui le Casse professionali (Notai, Avvocati, ma non i Commercialisti) hanno aderito all’iniziativa, che viene sbandierata come “operazione di sistema”. Purtroppo il momento impone di essere realisti ai limiti della durezza. I professionisti rappresentano ormai una delle categorie meno tutelate del nostro Paese: niente tariffe, nessuna garanzia in caso di infortuni o maternità, ed ora, con questo investimento, plausibilmente nessuna pensione. Il mondo legale, in particolare, è stato lasciato alla mercé del mercato (con i conseguenti più volte illustrati disservizi per l’intero sistema giustizia) con la possibilità, per gli operatori principali, in primis banche, di dettare condizioni contrattuali che prevedono alte prestazioni e miserrimi compensi.
Il fondo Atlante 2, dopo il mutuo vitalizio, dopo l’ingresso nella mediazione immobiliare degli istituti di credito, dopo l’art. 2929 bis Codice Civile, et coetera, è l’ennesimo regalo – questa volta con i soldi delle Casse private – ad un sistema, quello del credito, che se vedesse applicate coerentemente le stesse regole con cui, dalle cosiddette lenzuolate in avanti di bersaniana memoria, sono stati falcidiati i professionisti italiani, sarebbe tecnicamente già fallito nel suo complesso.
Da sincero patriota non mi tiro indietro se è necessario donare “oro alla Patria”, ma ciò non può più venire disinteressatamente “gratis et amore Dei”. Si apra un tavolo, ora, immediato, di riorganizzazione del mondo dei professionisti in Italia con il riconoscimento di quelle tutele già presenti e che il turboliberismo, con le sue menzogne, ha scardinato per poi venire a battere cassa. Senza perdere tempo perché se questo manca per salvare le banche purtroppo difetta anche per i tanti coetanei, colleghi, avvocati, ingegneri, et coetera vittime di un sistema che impedisce loro una vita dignitosa dopo anni di studio e fatiche.
Nel mentre, una domanda al nostro premier e al Ministro dell’Economia: le Casse professionali nel fondo Atlante 2 stanno mettendo le nostre pensioni; Voi – di tasca propria – cosa investite?
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