Ovviamente non ci si riferisce – mai sarei così villano! – alla moglie dell’ex-ministro ed ex-segretario del PD, farmacista la cui professione è spesso costata al marito accuse di conflitto d’interessi per i suoi attacchi alla categoria. E neppure si vuole rinviare alle manovre scissioniste di queste ore che agitano il partito di Renzi, in quanto, in questa sede, si preferisce il diritto alla politica. In verità, il tema che ora interessa riguarda la cancellazione semplificata delle ipoteche di all’art. 40-bis del Testo Unico Bancario, che proprio dall’onorevole Pierluigi Bersani prende – colloquialmente fra gli addetti ai lavori – il nome.
La norma – si ricorda – è stata introdotta nel 2007 e mirava – dichiaratamente, come poi successivamente ampliata – a “favorire lo sviluppo e la competitività del mercato finanziario, dei beni e dei servizi, anche mediante la facilitazione della circolazione giuridica dei mutui ipotecari e degli immobili su cui gravano le relative ipoteche“. In breve, rappresentava l’ennesimo regalo a favore della lobby bancaria a scapito della sicurezza dei traffici giuridici e pertanto a danno del cliente finale.
Il meccanismo ha infatti eliminato la necessità dell’atto notarile per comunicare (si sottolinea: comunicare) la cancellazione di un’ipoteca a garanzia di un mutuo estinto. E’ l’operatore finanziario che si fa carico di dare riscontro della circostanza al Conservatore dei Registri Immobiliari entro trenta giorni dal pagamento di quanto dovuto per il finanziamento. Due vicende – con relative decisioni da parte di distinti soggetti – illustrano bene i rischi connessi.
Con la prima, oggetto della sentenza 27 ottobre 2015, n. 21792 della Corte di Cassazione, si afferma l’irresponsabilità del Notaio che riceve un atto di vendita di un immobile gravato d’ipoteca per cui l’alienante affermi l’avvenuta estinzione del relativo debito con conseguente cancellazione semplificata. Nel caso di specie, infatti, così non era e gli acquirenti dovettero saldare a loro spese il finanziamento ancora in essere per poi ottenere la liberazione dell’immobile. La Suprema Corte ha chiarito come il Notaio non potesse fare altro – in presenza di una concorde volontà delle parti – di prendere atto delle dichiarazioni, considerata anche la tempistica non immediata per riscontrare – nei pubblici registri – l’avvenuta comunicazione di cancellazione. Se invece gli acquirenti avessero insistito per l’atto notarile, la mendacità della posizione debitoria del venditore sarebbe stata immediatamente manifesta.
Il secondo caso, invece, è stato investito da una decisione dell’Arbitrato Bancario Finanziario, Collegio di Milano (n. 1251 del 10 novembre 2010). Il ricorrente lamentava l’impossibilità di procedere alla surroga di un mutuo – chiedendo il relativo risarcimento – in quanto l’ipoteca a garanzia del suo finanziamento risultava – per errore – cancellata. La circostanza non consentiva pertanto alla nuova banca di subentrare nei diritti e nelle garanzie già spettanti all’istituto originario, impedendo il perfezionamento dell’operazione. Anche in questa vicenda la giustizia non ha arriso alla parte materialmente danneggiata, in quanto il Collegio evidenziava come, a fronte della richiesta della prima banca di sanare la situazione, si riscontrasse scarsa collaborazione da parte del mutuatario, dilatando i tempi. E nel mentre il cliente continuava a pagare gli interessi secondo il più alto tasso del finanziamento originario.
Non si deve pensare che i due esempi di cui sopra siano casi isolati. Recentemente un primario gruppo bancario italiano ha indetto una gara per appaltare il controllo e la correzione del proprio servizio di cancellazione semplificata. In breve, si sono accorti che vi sono così tanti errori nelle comunicazioni inviate ex art. 40-bis da richiedere ad altri di verificarle. E’ altresì frequente – con acquisti assistiti da finanziamento in cui il venditore sia interessato da una pluralità di posizioni debitorie e una generale non facile situazione economiche – che la banca mutuante richieda la cancellazione con atto notarile dei gravami presenti sul bene trasferito. La cancellazione semplificata, infatti, permette al finanziatore che si presume soddisfatto di comunicare ai Registri Immobiliari entro 30 giorni la permanenza dell’ipoteca a causa di un “giustificato motivo”. La formula, assai vaga, apre le porte alle ipotesi più disparate: da un errore – anche minimo – nel conteggio del debito residuo, ad un pagamento nelle mani di un funzionario non titolato (magari per mero inquadramento interno), fino al timore dell’insorgenza di azioni revocatorie.
In breve, gli stessi istituti di credito, sempre pronti a spingere per le cancellazioni semplificate (prevedendo addirittura in alcuni casi spese ulteriori di mera gestione pratica interna per il cliente che voglia ricorrere all’atto notarile), sono i primi a conoscere le criticità del sistema e a volere l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata laddove abbiano timori circa l’effettiva tutela del proprio finanziamento.
E’ evidente come il meccanismo di cui all’art. 40-bis del Testo Unico Bancario, come altre cosiddette liberalizzazioni di quelle celebri e mai abbastanza condannate lenzuolate, rappresenti un vulnus alla certezza dei traffici giudici, indebolendo la posizione del consumatore finale e pertanto andando in aperto contrasto con le dichiarate finalità originarie della norma. In questa sede, in un’ottica che vuole sempre essere proposita e non distruttiva, non si chiede tuttavia una mera e semplice cancellazione, ma una rivisitazione in termini che siano veramente tutelanti per il singolo cittadino e per l’ordinamento tutto, riportanto al centro la sicurezza dei trasferimenti immobiliari, unico vero volàno per il mercato tutto. La cancellazione semplificata deve essere superata riprevedendo l’intervento notarile ad esclusivo carico – così come avviene per le operazioni di surroga – del soggetto finanziatore. Se è vero – ed è vero – che il consumatore nulla deve sostenere per l’estinzione anticipata del mutuo, gli si ridiano garanzie e certezze con una sicura cancellazione, anch’esse a cura e spese della banca. L’art. 40-bis, oggi, taglia costi agli istituti di credito scaricandoli, in contenzioso, ritardi e nessuna certezza giudiridica, sulle spalle dei cittadini. In un Paese con la giustizia più congestionata d’Europa e tanti regali già concessi al sistema bancario, certi privilegi di casta non sono più tollerabili.
0 commenti