La questione meridionale alimenta polemiche e proposte nel Paese fin dall’Unità. In questo contesto centrale è il tema dell’agricoltura e dell’abbandono, con soluzioni estemporanee che oscillano dalle riforme agrarie (già ai tempi dei Borboni) alle più recenti Cassa del Mezzogiorno ed interventi a livello di infrastrutture purtroppo spesso sfociati in vere e proprie cattedrali nel deserto.
In questo sempre più complesso contesto non si può che applaudire ad una recente iniziativa del Governo che – nel decreto legge 20 giugno 2017, n. 91, all’art. 3, rubricato, Banca delle terre abbandonate o incolte e misure per la valorizzazione dei beni non utilizzati – prevede una particolare procedura volta a consentire l’utilizzazione da parte dei giovani dei terreni abbandonati, incolti e degli immobili in stato di abbandono siti nelle Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
In particolare si inserisce la possibilità per i giovani fra i 18 e i 40 anni di presentare progetti finalizzati al recupero di beni – sia privati che pubblici – qualificati, dal decreto stesso, in stato di abbandono. La disciplina varia in base alla natura – pubblica o privata – del bene oggetto d’interesse. Nel secondo caso, infatti, è previsto l’intervento notarile, con la presentazione, al Comune nel cui territorio è sito l’immobile in stato d’abbandono che si vuole recuperare, unitamente al progetto di valorizzazione, anche una certificazione notarile in cui siano indicati: 1) i dati di identificazione catastale, 2) il proprietario del fondo, sulla base delle risultanze dei registri immobiliari, 3) coloro i quali abbiano eventualmente acquisito diritti sul bene in virtù di atti soggetti a trascrizione, 4) l’inesistenza nei registri immobiliari di trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli, nell’ultimo ventennio.
Nell’attesa che il decreto legge sia convertito in legge dal Parlamento non si possono che spendere alcune prime positive note. La nuova normativa pare rispondere infatti puntualmente a tre – importanti – criticità del Paese. In primis presenta nuove opportunità occupazionali per i nostri giovani, in particolare nei settori dell’agricoltura e dello sviluppo ricettivo, motori trainanti della nostra economia, con ampi margini di crescita per il futuro (rispettivamente valgono 33 miliardi di euro e l’11,8% del PIL nazionale). In secondo luogo risolve il problema dei beni inutilizzati sia da soggetti pubblici che privati, vera manomorta per il sistema Paese, che determina sia un blocco allo sviluppo che un potenziale ricettacolo di criminalità e fenomeni di degrado (pensiamo ai terreni ridotti a discariche abusive o agli edifici fatiscenti punto di raccolta per attività clandestine ed illecite). Infine può aiutare ad affrontare la sempre maggiore richiesta di rinunzia alla proprietà da parte di privati non più interessati a propri immobili (spesso relitti di eredità in zone del Paese con cui non hanno più alcun rapporto) e che cercano di disfarsene. Il nuovo procedimento consente loro di “aspettare”, confidando in un intervento di recupero che valorizzi la proprietà e la renda eventualmente di nuovo appetibile per il mercato, evitando così che sia lo Stato – finale destinatario della rinuncia – a doversi fare carico del bene.
In questo contesto fa piacere constatare come la Repubblica si sia ricordata del centrale ruolo del Notaio in ambito immobiliare riconoscendogli un determinante momento di controllo all’interno della procedura introdotta. E’ opportuno tuttavia sottolineare come l’intervento notarile – in materia – possa non essere limitato alla fase della presentazione ma assistere gli interessati anche in quella propedeutica della ricerca. La nuova disciplina prevede infatti che siano gli enti locali a procedere ad una preliminare attività di ricognizione dei beni in stato d’abbandono potenzialmente interessati da progetti di valorizzazione. Con la necessaria attenzione che si deve a tutte le amministrazioni territoriali (costrette ormai fra stringenti vincoli comunitari e continui tagli di bilancio) non si può che sottolineare come il loro compito non sarà assolutamente facile e – forse – un aiuto “privato” potrebbe essere determinante. Pertanto si suggerisce al giovane interessato ad un bene di verificarne preliminarmente con l’assistenza del proprio Notaio di riferimento consistenza, dati catastali, storia ipotecaria in modo da essere eventualmente di stimolo all’ente locale di riferimento e suggerirne l’inserimento nell’elenco.
Le possibilità sono tante ma non infinite, ed ora come sempre vale l’oraziano “carpe diem“.
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