La prova testimoniale è considerata tradizionalmente dal nostro ordinamento la prova orale per antonomasia, negli ultimi anni il nostro legislatore ha però introdotto alcune riforme che fanno pensare a un timido cambiamento di rotta.
Si fa riferimento in particolare alla peculiare forma di testimonianza scritta, introdotta dalla legge n. 69 del 2009, disciplinata dalle previsioni di cui agli artt. 257-bis c.p.c. e 103-bis disp. att. c.p.c.; e dal recentissimo decreto del 9 maggio 2017, n. 83. Quest’ultimo, disciplinante la procedura arbitrale di accesso al Fondo di solidarietà in riferimento alla legge di stabilità del 2016, si fa promotore di una rilevante novità: “[…] Le parti possono produrre, sotto la loro responsabilità, dichiarazioni scritte rese da terzi, capaci di testimoniare, e ricevute da notaio […]” [Art. 6 comma 2].
L’innovazione non riguarda tanto l’oggetto, bensì il soggetto. La prima ipotesi di testimonianza scritta, con una portata limitata al solo arbitrato, la si trova già nell’art. 816-ter c.p.c. (d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) in forza del quale gli arbitri possono assumere direttamente presso di sé la testimonianza. La legge n. 69 del 2009 ha ampliato notevolmente l’ambito di applicazione di tale possibilità, estendendola dal circoscritto procedimento arbitrale a quello giudiziario. La parte può produrre in giudizio le dichiarazioni che i terzi, capaci di testimoniare, hanno rilasciato al difensore. L’art. 103-bis disp. att. c.p.c. prevede che la testimonianza scritta sia “[…] resa su di un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della Giustizia […]”. Tre sono le condizioni per l’utilizzo di questo strumento processuale: l’accordo delle parti (limitandone fortemente sul nascere la reale portata applicativa) , la valutazione della natura della causa e di ogni altra circostanza utile da parte del giudice ed infine la discrezionalità di quest’ultimo nel disporla. [Art. 257-bis c.p.c.]
Il decreto n. 83/2017 introduce (finalmente!) sulla scena la figura del Notaio, sebbene limitato alla procedura arbitrale che vede come protagonisti gli investitori che intendono accedere alle risorse del Fondo di solidarietà per il ristoro del pregiudizio subito “in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento degli strumenti finanziari subordinati.” [Art. 6 comma 2 decreto di cui sopra]. Per quanto riguarda i doveri del Notaio, il decreto specifica solamente che l’atto di ricezione delle dichiarazioni testimoniali scritte rese da terzi debba essere rilasciato in originale; mentre l’avvocato difensore (anch’esso autorizzato a rilasciare l’attestazione di autenticità) dovrà sempre avvertire il terzo sulle conseguenze di false dichiarazioni.
In conclusione, quindi, la funzione antiprocessuale che caratterizza da sempre la figura del Notaio è ulteriormente sottolineata da tale norma senza però trovare in essa piena soddisfazione. In una prospettiva de iure condendo il Notaio può infatti rappresentare un interlocutore particolarmente qualificato per svolgere altre attività come la delega all’assunzione della prova testimoniale sia in pendenza del processo che prima del processo o come la dichiarazione resa dal terzo in assenza di contraddittorio delle parti e di “controllo” del giudice; in modo tale da consentire al Notaio di svolgere quella funzione deflattiva del contenzioso cui dovrebbe essere preordinato.
“La verità e l’originalità troverebbero più facilmente posto nel mondo, se coloro che non sono in grado di produrle non cospirassero di comune accordo per non farle venire alla luce” (A. Schopenhauer).
Il tema in oggetto rappresenta probabilmente uno dei campi di confronto decisivi per – non lo sviluppo ma – la salvezza della Giustizia Civile in Italia.
Da anni il Notariato è ostaggio del famoso divieto di “precostituzione della prova” che vieta la ricezione e la verbalizzazione di fatti o dichiarazioni che potrebbero poi avere un’incidenza in una (più o meno ipotetica) successiva vicenda processuale (sul punto si rinvia ad un puntuale e possibilisti studio del Consiglio Nazionale del Notariato, n. 432-12C). Da più parti si è sempre – infatti – sventolato il rischio di incorrere – prestando il proprio ministero in ipotesi del genere – in una violazione del famigerato art. 28 della Legge Notarile (nullità, con le pesantissime conseguenze sanzionatorie che nel conseguono).
Nel mentre le cause aumentano, i tempi della giustizia si dilatano, le possibilità di ottenere provvedimenti puntuali svaniscono e torme di testimoni sono costretti a perdere giornate nelle aule dei Tribunali – ormai ridotte più a un suk che a luoghi dove lo Stato manifesta il proprio potere – in attesa di essere auditi. E anche il tentativo di coinvolgere nell’attività di assunzione probatoria gli avvocati, già tentato dal legislatore, ha avuto scarso successo, come prevedibile: il legale rimane una figura – giustamente – di parte cui il testimone guarda con circospezione e scarsa disponibilità a collaborare.
Ed ecco che – finalmente – il decreto n. 83/2017 pare – seppur in via incidentale e, magari, sperimentale – introdurre un correttivo, devolvendo quest’attività di ricezione e verbalizzazione alla figura terza per eccellenza, sostituto dello Stato e naturalmente d’ausilio alla magistratura: il Notaio. Questa volta vogliamo essere fiduciosi. Che sia solo un primo passo, che sia un modello da istituzionalizzare e replicare, che rappresenti il futuro e la svolta per la giustizia civile, rendendo il Notaio soggetto devoluto a ricevere e “consacrare” le testimonianze, in un contesto non più di facoltatività ma di obbligatorietà, esattamente come innanzi all’Autorità Giudiziaria. Niente più tempi biblici, niente più ore perse nei Tribunali, niente più suk del diritto, parti, testimoni, giudici, operatori del diritto tutti più contenti. E’ così difficile avere un Paese che funzioni?
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