La Direzione Regionale del Lazio dell’Agenzia delle Entrate – con propria nota 37916 – fornisce chiarimenti in tema di tassazione – diretta ed indiretta – della clausola penale. Detto istituto – si ricorda – è disciplinato dall’art. 1382 Codice Civile e prevede che: “La clausola, con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno“.
In particolare l’Amministrazione Finanziaria citata ha ricordato il non assoggettamento ad IVA della clausola penale con la diversa attrazione nell’alveo dell’imposta di registro con aliquota al 3% ex art. 9 Tariffa Parte Prima allegata al d.P.R. n. 131/1986. E’ chiarito anche il momento in cui scatta l’obbligo impositivo, secondo lo schema dei contratti condizionati, essendo la penale dovuta solo in ipotesi di inadempimento. Pertanto in sede contrattuale la clausola avrà una sua distinta tassazione in misura fissa (euro 200,00) e solo all’esito dell’inadempimento sarà dovuta l’aliquota ricordata. Inoltre se nel medesimo contratto sono previste più penali l’imposta d’atto dovuta sarà sempre fissa ed unica.
E’ interessante collegare questa posizione fiscale a quella della più diffusa – nella prassi – caparra confirmatoria di cui all’art. 1385 Codice Civile. In questo caso, infatti, l’aliquota di registro dovuta è pari allo 0,50% e può essere detratta in sede di registrazione del contratto definitivo di vendita.
Un punto ove i due istituti si – tributariamente – incontrano (se non confondono, secondo una critica ricostruzione dottrinale) – è quello delle imposte dirette come affrontato dalla Cassazione nella sentenza 11307 del 31 maggio 2016. In detta sede – infatti – i Giudici di legittimità assoggettano gli introiti ricevuti a titolo di caparra penitenziale ad imposta sui redditi, con un – testuale – parallelismo con la clausola penale. Non è chiaro se l’equiparazione sia voluta o dovuta ad una ricostruzione giuridica che lascia perplessi, ma la conseguenza ai fini fiscali risulta manifesta. In tal senso viene dunque da ipotizzare che l’attrazione ai fini reddituali investa anche la caparra confirmatoria.
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