La giurisprudenza di legittimità si occupa ancora di agibilità/abitabilità con due sentenze che – seppur trattando di argomenti diversi – sembrano rimodulare la portata del provvedimento di inizio anno n. 2294 pubblicato in data 30 gennaio 2017.
In quella sede – come venne qui illustrato – si riconduceva la mancanza di agibilità ai limiti (rectius: dentro i limiti!) dell’incommerciabilità, con una ricostruzione che rischiava di paralizzare il mercato e che si scontrò con i dubbi dei commentatori. Ora gli ermellini sembrano offrire una ricostruzione parzialmente diversa.
Con la prima sentenza, n. 14618 del 13 giugno 2017, è stata affermata la non responsabilità professionale del Notaio laddove l’immobile oggetto della compravendita da lui ricevuta si riveli sprovvisto di abitabilità. L’attività giuridica del pubblico ufficiale, infatti, non può investire anche settori (in primis: l’urbanistica e l’edilizia) non di sua competenza. Residua in materia in capo al Notaio solo l’obbligo di chiedere riscontro della presenza dei titoli edilizi ed eventualmente consigliare l’assistenza di un tecnico che verifichi la circostanza. Sul punto ormai non sono pochi i Distretti Notarili, fra cui Bologna, che invitano alla predisposizione di una relazione ad opera di un geometra/ingegnere/architetto che dia riscontro o meno della piena conformità.
La seconda sentenza, invece, è più recente (16 ottobre 2017, n. 24342) ed interviene su una criticità ancora più ricorrente: il ritardo nella consegna del certificato di abitabilità. Capita infatti spesso che l’acquirente voglia il certificato di agibilità (o di conformità edilizia) ma che non si intenda attendere i tempi tecnici di rilascio (o di silenzio assenso) per stipulare l’atto: si procede quindi alla compravendita nelle more e restando in attesa. Se poi – tuttavia – l’ente locale tarda o chiede integrazioni esplodono le conflittualità. La Cassazione chiarisce che non è sufficiente il mero ritardo a fare scattare un diritto al risarcimento neppure in via equitativa: è comunque necessaria la prova dell’effettivo pregiudizio (o dell’impossibilità a quantificarlo).
Entrambe le decisioni hanno più pregi che è opportuno sottolineare.
In primis ridimensionano il ruolo dell’agibilità rispetto al provvedimento inizialmente citato. Gli immobili privi di agibilità/abitabilità (per quelli meno recenti) sono commerciabili, idonei all’uso e non rappresentano un rischio concreto per i potenziali acquirenti. E’ di certo opportuno disciplinare la circostanza fin dagli accordi preliminari e per questo si suggerisce di ricorrere al Notaio non solo per la “firma del contratto” ma anche nella propedeutica fase delle trattative, sia da compratore che da alienante.
In secondo luogo pongono un freno alla – italianissima – litigiosità e tendenza a ricorrere in giudizio contro tutti e tutto alla ricerca di – ormai – impossibili ritorni economici. Il danno deve essere risarcito quando presente e dimostrabile e causato da un soggetto su cui grava effettiva responsabilità. Il primo problema della Giustizia italiana è l’eccesso di contenzioso: queste decisioni – che puniscono l’avventurismo da Tribunale – costituiscono una prima medicina per limitare il collasso del nostro ordinamento.
Infine rimettono al centro il tema della libera contrattazione fra le parti e della necessità di affidarsi a professionisti e strutture di fiducia. Se l’agibilità non è più dogma (ma mai lo è stato?) diventa fondamentale la gestione della stessa in termini di clausole, accordi, verifiche e previsioni puntuali. E la qualità e l’assistenza – ricordiamo sempre – hanno un prezzo che è giusto pagare; tanto sarà sempre inferiore alle spese per inseguire impossibili risarcimenti.
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