Poco ha diviso negli ultimi anni società ed opinione pubblica italiano come il dibattito sul “fine vita” in generale ed il “biotestamento” in particolare. Nel contesto di vicende drammatiche – private e rese pubbliche – e di un confronto sempre più aspro infine il Senato ha approvato, lo scorso 14 dicembre, il disegno di legge in materia già licenziato dalla Camera lo scorso 20 aprile.
In questa sede non si vuole – ovviamente – entrare nel merito del provvedimento bensì – nella modesta opera informativa che si cerca di offrire – focalizzare l’attenzione sulla norma (comma 6 art. 4) in materia di disposizioni anticipate sul trattamento (DAT). E’ opportuno ricordare come figure (rectius: abbozzi) del genere già esistessero, con la diffusione di dichiarazioni di proprio pugno o autenticate da un Notaio. La nuova disciplina, in particolare, istituzionalizza le due possibilità dando loro piena legittimità.
La norma prevede infatti come qualunque soggetto maggiorenne capace d’intendere e di volere possa dichiarare le proprie volontà circa i trattamenti sanitari “[…] per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie […]”.
Ancora, è prevista la possibilità – per chi è soggetto a patologie che condizionano la capacità di espressione – di utilizzare strumenti e dispositivi che comunque consentano di comunicare.
Le DAT sono sempre revocabili ed in casi di urgenza si giunge ad ammettere una totale libertà di forma, con la sufficienza di una dichiarazione verbale alla presenza di un medico e due testimoni.
Infine, è previsto un decisivo riconoscimento fiscale, con esenzione dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa.
La disciplina – in breve – pare puntuale e conduce ad alcuni spunti di riflessione.
In primo luogo – anche con il confronto con la prima stesura – diviene manifesto come – in materia di diritti e persona – il legislatore stia riconoscendo un ruolo centrale ai Notai, non più solo guardiani di registri e traffici ma ormai presidio della dimensione umana del cittadino. In questo solco, infatti, possiamo inserire, oltre questo ultimo provvedimento, anche le norme in materia di “dopo di noi” e “terzo settore”; ancora, a livello europeo come non ricordare la battaglia dei notai greci contro le aste indiscriminate a difesa della casa bene primario. Con soddisfazione si sottolinea un notariato sempre più a misura di persone piuttosto che di beni.
La stessa alternatività tra intervento del Notaio e deposito presso l’ufficio dello Stato Civile sottolinea come l’alternativa in Italia non possa che essere fra Stato e Notai, in un meccanismo di sussidiarietà che già discende della norme comunitarie. Lo schema, in verità, andrebbe esteso – con eventualmente diritti fissi per non aggravare di oneri eccessivi i privati – ad altri ambiti nel contesto di una generale difficoltà degli enti locali nell’erogazione dei servizi minimi.
In questa ottica non si può che portare all’attenzione le difficoltà attuative legate alla realizzazione del registro espressamente previsto dalla norma. In un Paese dove i vari soggetti pubblici faticano a dialogare fra loro si corre infatti il rischio di un rinvio che può condizionare il pieno recepimento nel nostro ordinamento della nuova disciplina. Con un certo orgoglio – tuttavia – si può evidenziare l’immediato riscontro del Notariato italiano, che è già pronto a mettere a disposizione un registro informatico capace di dialogare con ogni struttura, garantire libero accesso e piena informazione, con possibilità anche di utilizzo di un sistema blockchain.
Rimangono ovviamente – a livello nazionale ed anche di categoria – voci critiche, che vedono la nuova disciplina come il cavallo di Troia per giungere ad un generalizzato riconoscimento dell’eutanasia con finale svalutazione della vita umana. Sul punto ritengo che non si possa prescindere dal rispetto della posizione del singolo, riconoscendo, anche ai Notai come già ai medici, il diritto all’obiezione di coscienza.
La posizione del sottoscritto, sul punto, è lacerata. Da un lato guardo con diffidenza alla possibilità di auto-determinare le proprie volontà in ambito medico perché il rischio di un’influenza – anche inconscia ed ambientale – che ci conduca a svilire il valore della vita è non modesto. Inoltre, l’indisponibilità del diritto alla vita dovrebbe condurre alla definitiva sottrazione dello stesso dalla sfera volitiva e la normativa introdotta cozza irrimediabilmente con questo principio. Dall’altro lato – quale pubblico ufficiale – non posso che cedere alla legge della Repubblica che ho giurato di servire fedelmente. Ritengo anzi che l’intervento del singolo Notaio – soprattutto se critico – possa essere utile in un percorso di riflessione ed analisi del disponente, rispettando ovviamente la di lui volontà ma valutando se la stessa sia liberamente formata a o vittima di condizionamenti.
Concludendo, ivi ci si esime dall’accodarsi ai plausi e lamenti ma si vuole valorizzare la disponibilità in seno all’ordinamento di un nuovo strumento a disposizione dei cittadini; a chi ha responsabilità di tutela di leggi e legalità il compito di garantirne una corretta applicazione.
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