Tutti conosciamo il mito di Achille, eroe acheo figlio della ninfa Teti, invulnerabile ad eccezione del tallone non immerso nelle acque del fiume Stige. La più recente cinematografia occidentale ha invece offerto al pubblico la figura di Connor MacLeod, protagonista di “Highlander – L’ultimo immortale”, dove l’unico limite alla vita eterna era determinato dalla decapitazione.
Anche il più banale diritto societario ripropone le fasi dell’umana esistenza, con la costituzione (nascita), sviluppo (crescita), e morte (scioglimento o fallimento). Ed anche il nostro legislatore – forse geloso dei cantori greci o delle pellicole anglosassoni – ha pensato di sovvertire il ciclo naturale della vita creando esseri invulnerabili: le start up innovative. Queste infatti sono soggette ex art. 31 del decreto-legge n. 179/2012 (norma che le disciplina) soltanto alle procedure di cui al capo II dalla legge n. 3/2012: in breve non possono fallire.
La peculiarità, è evidente, investe delicate questioni, rappresentando fin da subito una rilevante eccezione alla classica disciplina in tema di crisi d’impresa nonché un elemento sia di deresponsabilizzazione che di turbamento delle regole sulla concorrenza. Non solo: la presenza di copiosi strumenti agevolativi per il settore (generalmente garantiti dalle pubbliche casse, cioè i contribuenti, cioè noi tutti) ha alimentato in questi anni una corsa alla costituzione di start-up con il solo reale obiettivo di portare a casa finanziamenti mai restituiti.
Il danno, per l’intero sistema, è stato enorme: da un lato gli imprenditori classici, con un difficile accesso al credito e con la spada di Damocle del fallimento; dall’altro irresponsabili start-upper che costituivano scatole vuote o piene solo di loro sogni irrealizzabili, incameravano contributi o finanziamenti agevolati (ripeto: garantiti anche dalle tasse dei propri competitori “old economy”, che quindi subivano un doppio svantaggio) e poi lasciavano creditori insoddisfatti e pendenze di ogni genere.
Il tutto è stato – ovviamente – aggravato dalle ultime iniziative del MISE che – prevedendo ed insistendo per la possibilità di costituire le start up innovative on-line senza controlli – ha spalancato le porte del settore ad avventurieri senza risorse né idee, se non quella di recuperare al più presto facile liquidità sicuri dell’impunità data dall’impossibilità di fallire.
La giurisprudenza – che ormai sopperisce quotidianamente ad assenze e deliri del legislatore – si è però finalmente mossa, ricordando che la legge è veramente uguale per tutti. Ci si riferisce, in particolare al decreto con il Tribunale di Udine – in data 18 gennaio 2018 – ha delegato la Guardia di Finanza al compimento degli accertamenti relativi all’effettiva sussistenza dei requisiti di cui al comma 1 dell’art. 25 decreto-legge n. 179/2012, al fine di valutare se una società, iscritta nella sezione speciale del Registro delle Imprese con la qualifica di start up innovativa, abbia in concreto svolto in misura prevalente attività di produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico e se siano state svolte prestazioni di ricerca e sviluppo previste da tale disposizione e, in caso positivo, se sia stata rispettata la percentuale minima del 15% indicata nella disposizione.
L’Autorità Giudiziaria friulana ha così evidenziato un principio decisivo: non basta l’atto di iscrizione nella sezione speciale, non è sufficiente siano presenti i requisiti formali in fase di costituzione ma è necessario verificare nel concreto l’attività svolta e se la stessa integra le richieste normative per godere del regime agevolativo. Per tornare agli esempi iniziali non basta indossare la corazza di Achille per essere immortali: se ti chiami Patroclo anche con quella muori in battaglia.
Per le start-up innovative il campo di gioco si sposta quindi ora su un piano totalmente diverso che è quello dei “fatti”. E la delega in materia alla Guardia di Finanza ad eseguire gli accertamenti necessari rappresenta un elemento da non sottovalutare. Le Fiamme Gialle, infatti, potranno utilizzare tutti gli strumenti che l’ordinamento riconosce loro e valutare ogni circostanza ed indice probatorio; anche – si aggiunge – le modalità di costituzione. E’ infatti evidente che una costituzione frettolosa on-line senza controlli e con capitale ridicolo e disciplina statutaria non organica cui è conseguita un’immediata richiesta di finanziamenti ad attività già barcollante (perché – non nascondiamolo – con pochi euro di conferimenti iniziali nessuna società potrebbe giuridicamente sopravvivere più di pochi giorni) sia il chiaro manifesto di una plausibile assenza dei requisiti di legge con conseguente assoggettabilità alle procedure fallimentari.
Per concludere: tempi duri per le start-up innovative? Non sono così categorico. I veri innovatori che hanno congrui bilanci, seri progetti, un capitale iniziale non banale, una fase costitutiva che ha conosciuto atto pubblico e controlli seri, non devono temere nulla, anzi applaudire all’opera di pulizia che spazzerà via concorrenti improvvisati che rischiano solo di inquinare il settore. Per questi avventurieri del tutto gratis e soldi facili si profila invece all’orizzonte un brusco risveglio.
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