La sezione tributaria della Corte di Cassazione lo scorso 11 gennaio 2018 ha riaperto il tema – già ampiamente dibattuto – della tassazione applicabile al riconoscimento di debito (anche promessa di pagamento) ai fini di individuare e dettare una generale linea guida.
La fattispecie posta all’attenzione della Corte era quella di un riconoscimento di debito di una prestazione di servizi soggetta ad IVA; nello specifico si trattava di un credito di un avvocato. In tale occasione, nell’ordinanza n. 481, la Corte precisa come l’atto di ricognizione del debito – mediante il quale, ai sensi dell’articolo 1988 Codice Civile, il debitore dichiara di riconoscere l’esistenza del debito, dispensando colui a favore del quale è fatta (il creditore) dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza si presume sino a prova contraria – sia in realtà improduttivo di effetti sostanziali, ma generatore di un mero effetto processuale. Si tratta proprio dell’inversione dell’onere della prova circa la sussistenza del titolo da cui il debito oggetto di ricognizione trae origine.
Proprio la natura dichiarativa della ricognizione di debito – dichiarazione di scienza che non comporta una modifica nella sfera patrimoniale del debitore né nel creditore, ma che conferma una obbligazione già esistente tra le parti – è determinante ai fini della tassazione di tale negozio giuridico.
Nonostante vi siano stati nel tempo differenti orientamenti giurisprudenziali – imposta di registro con aliquota dello 0,5%, equiparando la ricognizione di pagamento ad una quietanza; tassazione con aliquota dell’1%, in quanto si tratterebbe di atto di natura dichiarativa; applicazione dell’aliquota del 3% perché ritenuto atto avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale – la Cassazione ritiene che la ricognizione di debito debba essere tassata con imposta di registro in misura fissa di 200 euro, a discapito delle aliquote percentuali. Troverebbe applicazione, pertanto, la risoluzione 152/E del 7 ottobre 1998, nonché l’articolo 4 della Tariffa Parte Seconda, allegata al d.P.R. 131/1986, secondo cui “le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale scontano l’imposta in misura fissa”.
Non mancano, tuttavia, perplessità per la soluzione adottata dalla Corte, la quale ha esteso un principio in via generale rispetto ad una fattispecie del tutto particolare: il riconoscimento di debito avente ad oggetto una prestazione di servizio soggetta ad IVA è senz’altro soggetto ad imposta di registro in misura fissa, nonché all’alternatività tra imposta di registro ed IVA, ai sensi dell’articolo 40 d.P.R. 131/1986.
Nonostante questa osservazione – a causa di cui l’ordinanza n. 481 è passata sinora inosservata – non può non prendersi atto della rilevante ed innovativa portata del suo contenuto ai fini della tassazione della ricognizione di debito.
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