La maggiore aspirazione di ogni genitore è vedere il proprio figlio o la propria figlia realizzati, sicuri, felici. In questo percorso oltre al contributo educativo, il sostegno quotidiano, la speranza che prole intraprenda un percorso di studi prima e lavorativo poi gratificante vi è – quando possibile – un momento centrale: l’acquisto dell’immobile, della casa dove “il bambino” va a vivere da solo diventando finalmente adulto.
Nell’Italia ancora provata dalla crisi economica, con una disoccupazione giovanile che supera il 30%, l’aspirazione dei figli a lasciare la casa famigliare per averne una propria si scontra tuttavia con le criticità del sistema: stipendi bassi (quando se ne ha uno), lavori precari (anche qui: quando se ne ha uno), futuro incerto (vedi prima), risparmi modesti, nulla liquidità e difficoltà ad accedere al credito bancario (questo nonostante tassi – ad ora – bassi e strumenti di garanzia quali il Fondo Prima Casa che dovrebbero stimolare il mercato).
Ed ecco che la soluzione giunge obbligata, con il classico contributo da parte dei genitori, desiderosi di vedere felice il proprio figlio e la propria figlia e consapevoli che – nonostante il calo dei prezzi – l’acquisto immobiliare rimane ancora la forma d’investimento più sicura nel lungo periodo, come anche alcuni dati sembrano ora ricordarci.
Diventa però ora centrale vedere come questo contributo si manifesti: generalmente – e parlo anche per esperienza professionale – i genitori procedono a fornire alla propria prole, tramite bonifici bancari o altri mezzi di pagamento, le risorse necessarie per versare in tutto o in parte il prezzo di vendita.
In questo scenario, si può anticipare come nessuno problema emerga per il caso in cui il beneficiario sia non coniugato, ovvero coniugato in regime di separazione dei beni. Differente, al contrario, è l’ipotesi di acquisto di immobile con denaro ricevuto dagli ascendenti ed effettuato da un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, per la quale occorre effettuare delle dovute precisazioni.
Intanto, rileva come sussisterebbe una donazione indiretta tra genitori e figlio quando i primi pagano per il secondo un bene poiché, pagando l’immobile in favore del figlio, indirettamente quest’ultimo riceve in donazione proprio il medesimo bene (e per un approfondimento sul tema mi permetto un rinvio a “Conto corrente cointestato: è donazione?”)
Ancora, la disciplina degli acquisti da parte di un coniuge in comunione legale dei beni è decisiva per la problematica in esame. Il Codice Civile all’articolo 177 lettera a) infatti prescrive che gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali di cui all’articolo 179 Codice Civile cadono automaticamente in comunione legale dei beni. Il tutto, però, senza che sia rilevante che l’acquisto effettuato da uno solo dei coniugi avvenga con denaro personale ovvero di altri e a lui derivato da successione o donato, ovvero denaro costituente provento della sua attività lavorativa.
La Corte di Cassazione (che già nel 2003 con sentenza 2954 si era espressa in merito alla personalità dei beni ex articolo 179 Codice Civile) è nuovamente intervenuta il 24 luglio 2018 con ordinanza n. 19537 proprio per pronunciarsi sulla fattispecie in esame, tutt’altro che pacifica. In particolare, una madre donava del denaro al figlio, col quale lo stesso acquistava integralmente la casa coniugale. L’ex marito proponeva ricorso contro la ex moglie al fine di vedersi riconosciuta l’esclusiva proprietà dell’immobile sostenendo che nulla spettava alla ex moglie, data la personalità del denaro utilizzato per l’acquisto. Tale ricorso, tuttavia, è stato rigettato dalla Cassazione.
Secondo la Suprema Corte, infatti, l’acquisto da parte di uno dei coniugi in comunione legale dei beni, con denaro personale – in quanto derivante da donazione indiretta di un genitore ai sensi dell’articolo 179 lettera b) Codice Civile – costituisce liberalità indiretta da parte del coniuge acquirente in favore dell’altro coniuge, il quale risulterà proprietario dell’immobile acquistato per un mezzo. Ciò troverebbe giustificazione nel disposto di cui alla lettera a) articolo 177 Codice Civile, sopra riportato.
In breve, è irrilevante la provenienza famigliare della somma utilizzata per l’acquisto: anche in questo l’immobile cade in comunione legale dei beni fra i coniugi. La sentenza riporta sotto l’attenzione di tutti il tema troppo spesso trascurato delle donazioni di somme di denaro, spesso effettuate senza alcuna formalità, utilizzando documenti e strumenti recuperati anche on-line o suggeriti da soggetti non qualificati e in una piena e totale (e letale, aggiungo) ignoranza della materia. Non è mia volontà essere ripetitivo, ma come già segnalato, in tema di donazioni – soprattutto se di denaro – l’attenzione deve essere massima, con una preventiva attività di consulenza che non è mai banale. Il rischio – come avvenuto per i protagonisti della storia di cui sopra – è di regalare denaro al proprio figlio per fargli acquistare una casa che poi finisce all’ex moglie.
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