Nell’Italia del terzo millennio scompare un altro simbolo di quel boom economico che dalle ceneri del secondo conflitto mondiale ci condusse ad essere un grande potenza industriale; dopo telefono a gettoni, serie A solo alla domenica e posto fisso vanno in pensione anche i libretti al portatore, postali o bancari.
La norma che ne dispone il congedo – va precisato – non è recente (si tratta del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ovviamente in attuazione dell’ennesima direttiva comunitaria, 2005/60/CE) e ha conosciuto già un primo rinvio applicativo, dal 4 luglio scorso alla nuova, improrogabile ed improrogata, scadenza del 31 dicembre 2018.
A partire da quella data Poste Italiane e istituti di credito non potranno più emettere libretti al portatore ma solo nominativi; e chi ha ancora dei vecchi libretti nominativi (si consiglia di guardare nei cassetti soprattutto dei parenti più anziani) è opportuno che si affretti ad incassarli. Dall’1 gennaio 2019, infatti, sarà ancora possibile ottenne la liquidazione, dovendo tuttavia pagare una sanzione amministrativa che ammonta dai 250 ai 500 euro.
La ratio della norma che condanna uno degli strumenti di raccolta del risparmio più fortunati della storia italiana (classica e diffusissima l’idea alla nascita di un bambino in famiglia di aprirgli un libretto alle Poste ove accumulare risparmi in vista di studi e vita d’adulto) non è da censurare: il libretto al portatore – svincolato da nominativi e intestazioni – era infatti potenzialmente diventato un facile strumento per movimentare e riciclare denaro su cui era necessario intervenire.
La massa economica interessata – si precisa – è tuttavia modesta, ammontando, secondo le prime stime, a poche decine di milioni di euro. In breve, non erano i libretti al portatore il veicolo principe del riciclaggio nel nostro Paese.
Questa – statistica e inconfutabile – considerazione, non può quindi che condurre ad una valutazione critica sull’impatto sistematico della norma. E’ sicuramente giusto, infatti, combattere tutte le possibilità che ha la piccola e grande criminalità di spostare e pulire i proventi delle proprie attività illecite, ma non sarà di certo l’eliminazione dei libretti al portatore che ci condurrà a successi significativi, come proprio gli importi economici citati ci evidenziano. Gli strumenti giuridici su cui ormai i miliardi di euro del malaffare sono altri quali, e solo restando nei settori che professionalmente maggiormente conosco, le SRLS, i passaggi di proprietà delle autovetture senza controlli (quanto vale il mercato dell’auto in Italia e quanto è funzionale al crimine?), le start-up innovative su modelli standard. Il tutto – spesso – con l’aiuto di professionisti compiacenti per combattere i quali occorre dispensare intransigenza e punizioni esemplari ma anche offrire – alla categoria – sicurezza per il futuro, con regole chiare, competenze sicure e tariffe inderogabili.
La riflessione finale quindi è che l’Unione Europea in primis (che dichiara guerra con le proprie direttive ai libretti al portatore poi però lancia sassi a smantellare le certezze di legalità per le società del continente) e il nostro legislatore immediatamente dopo devono fare ben altro – come sopra banalmente illustrato: meno moduli standard, più tutele per i professionisti, nessuno sconto per i colletti bianchi fiancheggiatori – se vogliono combattere la criminalità e dare sicurezza alla nostra economica.
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