Quando muore una persona, i chiamati all’eredità diventano proprietari dei beni ereditari solo con l’accettazione dell’eredità, in seguito alla quale acquistano lo status di eredi. L’accettazione può avvenire in due modi:
in via espressa: ex art. 475 c.c. “in un atto pubblico o in una scrittura privata”, il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede”
in via tacita: ex art. 476 c.c. “quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”
Quindi, si ha accettazione tacita dell’eredità quando si mette in atto un comportamento concludente incompatibile con la volontà di rinunciare all’eredità.
La domanda corretta da porsi è; quali sono questi comportamenti che comportano l’accettazione tacita?
- la mancata predisposizione di un inventario dei beni di cui l’erede è in possesso entro tre mesi dall’apertura della successione; (art. 485 c.c.);
- donazione, vendita o cessione a terzi dei beni o diritti caduti in successione.
Sul tema si è recentemente pronunciata la Suprema Corte sostenendo che:
Ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità è irrilevante la trascrizione della denuncia di successione in assenza di altri atti inequivocabilmente rivolti all’assunzione della qualità di erede.
Infatti, la dichiarazione di successione e il relativo pagamento delle imposte sono atti non idonei a esprimere in modo certe ed univoco l’intenzione di accettare la qualità di erede, hanno semplicemente una valenza fiscale e non producono alcun effetto da un punto di vista civilistico.
L’accettazione dell’eredità è da sempre un argomento delicato per quanto riguarda i Notai in quanto sono tenuti a trascrivere l’accettazione tacita dell’eredità.
Quando si stipula una compravendita i cui beni immobili provengono da una successione, se non già trascritta, i Notai devono far trascrivere l’accettazione tacita dell’eredità al fine di tutelare non solo l’acquirente ma anche gli eredi legittimi da un eventuale “erede apparente”.
Altri motivi fondamentali per cui è necessario procedere con la trascrizione de quo sono:
- il rispetto del principio della continuità delle trascrizioni: in assenza della trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità le successive iscrizioni o trascrizioni a carico dell’acquirente non producono effetto e quindi quest’ultimo non potrà far valere il proprio acquisto nei confronti dei terzi;
- tutela del credito: nel caso di bene immobile oggetto di procedimento esecutivo acquistato in forza di eredità non trascritta il Giudice dell’Esecuzione dovrà rilevarne l’improcedibilità;
- mancanza dell’effetto sanante ex art. 2652 c.c.: colui che acquista un bene immobile in buona fede fa salvo il proprio acquisto nonostante l’invalidità degli atti precedenti se decorsi cinque anni dalla trascrizione dell’atto nullo, se non è trascritta la domanda di impugnazione dell’atto stesso. Nel caso in cui sia intervenuto un acquisto ereditario non trascritto questo effetto sanante non si produce.
Teoricamente, per prassi giurisprudenziale, la trascrizione tacita dell’eredità si dovrebbe effettuare nei venti anni dalla morte del defunto poiché oltre i vent’anni l’acquirente può invocare l’istituto dell’usucapione.
In realtà, l’azione di petizione, che spetta all’erede, è imprescrittibile e quindi dovrebbe essere prudente procedere alla trascrizione dell’accettazione di eredità anche decorsi vent’anni dalla morte del de cuius.
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