E’ salito oggi a giurare al Quirinale il Governo cosiddetto Conte-bis, nato dalla crisi agostana mossa dalla Lega Nord e risolta, in Parlamento, con una nuova maggioranza composta da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico.
Questo l’elenco dei componenti l’esecutivo:
– Federico D’Incà, Rapporti con il parlamento
– Paola Pisano, Innovazione tecnologica
– Fabiana Dadone, pubblica amministrazione
– Francesco Boccia, affari regionali e autonomia
– Giuseppe Provenzano, Sud
– Vincenzo Spadafora, Politiche giovanili e sport
– Elena Bonetti, pari opportunità e famiglia
– Enzo Amendola, affari europei
– Luigi Di Maio, esteri e cooperazione
– Luciana Lamorgese interno
– Alfonso Boanafede, giustizia
– Lorenzo Guerini, difesa
– Roberto Gualtieri, economia e finanze
– Stefano Patuanelli, sviluppo economico
– Teresa Bellanova Politiche agricole e forestali
– Dario Franceschini, turismo e beni e attività culturali
– Sergio Costa, Ambiente
– Paola De Micheli, Infrastrutture e Trasporti
– Nunzia Catalfo, lavoro e politiche sociali
– Lorenzo Fioramonti, istruzione
– Roberto Speranza, Salute
Senza entrare in giudizi politici, che esulano da questa sede, ci si permette alcune considerazioni sue due dicasteri decisivi per l’attività su cui sono chiamato ad operare, e cioé Giustizia e MISE.
Per quanto riguarda via Arenula, personalmente non posso che valutare positivamente la conferma di Alfonso Bonafede, il cui operato è – ad oggi – da apprezzare. Il Ministro si troverà ad affrontare ora nuove sfide centrali per la Giustizia italiana, che non si fermano alla sola riforma della prescizione o del CSM ma che toccano soprattutto ambiti non penalistici.
Il vero freno agli investimenti nel nostro Paese è dato – infatti – dalla mole del contenzioso civile e dall’impossibilità di avere in tempi certi e rapidi giustizia (banalmente: recuperare un credito) cui anche gli interventi degli ultimi anni (dalla mediazione obbligatoria alle proposte di accelerazione delle esecuzioni) non hanno minimamente dato riscontro.
Una dei meccanismi deflattivi cui speriamo il Ministro Bonafede voglia guardare passa anche per una rivalutazione (rivoluzione?) dei protagonisti del comparto.
Se da un lato – infatti – è auspicabile un incremento del numero dei magistrati e del relativo personale di assistenza e di cancelleria ciò da solo non è sufficiente per risolvere i problemi di smaltimento dell’arretrato. Ecco che quindi entrano in gioco anche le figure di Avvocati e Notai; i primi scontano un eccesso che ne condiziona inevitabilmente la capacità lavorativa, mentre i secondi hanno ancora un ruolo troppo defilato nell’amministrazione della giustizia; entrambi, infine, soffrono la totale mancanza di tutele, soprattutto per i più giovani, per quanto riguarda il profilo dei compensi a seguito delle mai abbastanza deprecate lenzuolate del 2006.
E’ quindi necessario prevedere – e questo già compare nel programma di Governo – l’introduzione di un equo compenso che supporti la dignità del lavoro del professionista, unito – soprattutto per la categoria forense, ma non solo – a meccanismi di contenimento del numero, perché – ormai è notorio – quantità è l’opposto di qualità
La naturale terzietà del Notaio può invece essere utilizzata anche in supporto alla figura del Giudice, devolvendo competenze para-decisorie in ambiti meno sensibili o dove il contenzioso, specie in prima istanza, sia ridotto (si pensi, ad esempio, all’emissione dei decreti ingiuntivi o in procedimenti di separazione in assenza di figli minori).
Per tutti è altresì importante porre fine al rischio di “invasioni di campo”, che rischiano di rendere ibridi mostruosi entrambe le professioni; in tale contesto si attende di giudicare in particolare l’operato del nuovo Ministro del Svilippo Economico Stefano Patuanelli. Proprio, infatti, dal dicastero di via Veneto negli ultimi anni sono giunti a più riprese attacchi alla certezze dei traffici giuridici, fra SRLS (campioni di fallimenti), start-up su moduli standard (porte aperte al riciclaggio) e sostegno alle società con un click (Messina Denaro ringrazia). Ci si aspetta un approccio mutato, perché – è bene ricordarco – sviluppo, digitale e nuove tecnologie possono essere la svolta per il Paese ma senza regole e controlli certi anche loro possono condurre solo al Far West; al nuovo Governo, dunque, decidere quale Italia volere.
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