In Canada il mutuo lo paga lo Stato

da | 15 Set 2019 | immobiliare, politica

Era il dicembre del 1935 quando l’Italia fascita lanciò l’iniziativa “Oro alla Patria“, culminata nella giornata della Fede (18 dicembre), in cui i cittadini furono chiamati a donare le loro fedi nuziali al fine di raccogliere oro per sostenere la campagna bellica in Etiopia.

Più di ottanta anni dopo, e in tutt’altra parte del mondo, quel Canada che dalla seconda guerra mondiale è uscito nella parte vittoriosa del tavolo, la prospettiva si è totalmente capovolta: ora pare essere lo Stato che dà oro ai cittadini.

Nella terra dell’acero (e anche del castoro) è da poco infatti entrato in vigore (01/09/2019) il “First-time home buyer incentive”, in sigla FTHBI ed in italiano  (siamo pur sempre partiti da una storia nazionale) “incentivo per chi acquista una casa per la prima volta”.

Il provvedimento è rivolto ai giovani che comprano casa e che hanno un reddito familiare non superiore ai 120.000,00 dollari canadesi annui (circa 81.000,00 euro) e le domande potranno essere presentate fino al prossimo 1 novembre.

In particolare lo Stato – che per questa iniziativa ha stanziato l’equivalente di circa 850 milioni di euro per i prossimi tre anni – si accolla il 10% del rimborso dei mutui finalizzati all’acquisto di nuove abitazioni e il 5% di quelli per l’acquisto di altri immobili abitativi.

A fronte di questo serio contributo ci sono ovviamente alcuni limiti (oltre quello reddituale sopra illustrato) e vincoli: il rapporto fra reddito globale annuale e indebitamento non può essere superiore a quattro volte; il contributo ricevuto dallo Stato deve essere restituito dopo 25 anni o al momento della rivendita del bene; in caso di plusvalenza in sede di cessione lo Stato partecipa alla stessa.

Bisogna però anche evidenziare come l’intervento pubblico sia “pieno”: se la successiva rivendita avviene ad un prezzo più basso generando una minusvalenza della stessasi farà carico anche l’Erario canadese.

Il provvedimento ha avuto vasta eco e mosso commenti e – possiamo dirlo – richieste di emulazione, nel solco di un’esterofilia normativa di cui l’Italia è ormai da tempo vittima (cosa viene fatto fuori dai nostri confini pare sempre migliore).

Le considerazioni cui il “First-time home buyer incentive” può condurci non sono invece banali.

In primo luogo dobbiamo sottolinare come – a differenza che in Italia – il mercato immobiliare canadese non sia in crisi, i prezzi sono in aumento e le contrattazioni vivaci. Nonostante quindi un clima positivo si è comunque deciso di procedere con un provvedimento di enorme incentivo a sostegno del settore.

Il motivo è chiaro per chi abbia innanzi gli indicatori finanziari e industriali: tutti i principali report sono allarmanti, la crisi sembra tornare e ad Ottawa si è – giustamente – deciso di anticipare i tempi (prevenire sempre meglio che curare) con un sostegno concreto al principale volano di ogni economica, cioé l’immobiliare.

E questo direttamente, a differenza di quanto accade in Europa ove la BCE continua sulla strada del quantitative easing, regalando soldi alle banche che poi però – come abbiamo visto per il caso tedesco – tendono a non ridistribuire quanto necessario.

L’Italia, dobbiamo dire, in questo scenario si trova in mezzo, molto più vicina all’avanzato Canada che all’arretrata Europa. Come noto, infatti, da noi esiste il fondo prima casa che costituisce un fondamentale aiuto per i giovani che vogliono acquistare un’abitazione e che funziona in maniera similare all’FTHBI, con anzi minori vincoli (nessun obbligo di rimborso allo Stato, che non interviene direttamente ma solo garantisce).

Lo strumento è stato messo in pericolo dai tagli imposti dalla Finanziaria ma ha visto un recente rifinanziamento, che però – come illustrato – rischia di essere insufficiente.

Il tema, as usual, è il quantum: a fronte degli 850 milioni circa per i prossimi tre anni messi sul piatto dai canadesi, Roma se ne è potuta permettere 700 spalmati negli ultimi sei. E’ chiaro che se avessimo avuto le risorse di Ottawa la ripresa sarebbe stata più corposa e se le avessimo ora il futuro farebbe meno paura.

Ma le centinaia di milioni d’oltreoceano, e oltre: i miliardi e le decine di miliardi, ci sono, e ben più vicini: sono tutti a Bruxelles (di cui, ricordo en passant, siamo tutti noi contributori netti, dando ogni anno decisamente più di quanto riceviamo) dove si continua a sparare denaro con il bazooka del quantitave easing che pare ormai insufficiente.

La soluzione è quindi banale: che la BCE copi il modello (virtuoso) italiano e proponga un meccanismo europeo similare al fondo prima casa con cui sostenere, ovunque nel Continente, il mercato immobiliare. E’ anche vero, infatti, che il settore non soffre ovunque del medesimo rallentamento (noi siamo purtroppo il fanalino di coda con crescita zero) ma i problemi per acquistare un immobile sono gli stessi per le giovani coppie in tutte le grandi città del continente, strette fra il caro case e l’aumento anche degli affitti a causa del fenomeno airbnb.

I tecnocrati di Bruxelles ora devono scegliere: continuare a regalare soldi alle banche (soprattutto del nord Europa) che non li rimettono nel mercato oppure copiare Roma (perché no, e va sottolineato: non sempre il corpus normativo stranero è migliore del nostro) e dare liquidità vera a chi ha bisogno?

Ancora una volta chiediamo di scegliere: Europa delle banche o dei cittadini?

Fabio Cosenza

Notaio

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