Un vecchio proverbio afgano recita che “se le mogli fossero una buona cosa, anche Dio ne avrebbe una“. Aldilà della battuta (sottolineo: battuta!, in tempi di politically correct si rischiano linciaggi seppur mediatici) probabilmente è proprio ciò che pensano molti quando, prossimi a una compravendita immobiliare, si vedono avanzare dallo studio notarile la richiesta dell’estratto dell’atto di matrimonio e iniziano a brancolare nel buio fra autocertificazioni, uffici comunali ove rivolgersi, certificati che non sono estratti. E ovviamente il pensiero vale anche per le mogli (ma un proverbio simile e opposto, almeno in Afghanistan, pare non esserci) e addirittura celibi e nubili, chiamati a dimostrare la propria libertà da vincoli.
La domanda che segue è sempre la stessa: “è proprio obbligatorio Notaio?“. Spesso accompagnata da chiose contro la burocrazia e commenti del genere “ma saprò bene se sono o se non sono sposato”. Ecco dunque che ho pensato – in breve – di spiegare perché sia proprio obbligatorio (o almeno: decisamente opportuno) e comunque necessario (nel proprio interesse più che in quello del Notaio) raccogliere la documentazione richiesta.
E’ innanzitutto necessario precisare come – e questo è noto – il proprio stato civile (coniugato o meno) e regime patrimoniale (comunione legale, separazione, convenzione) incidano sulla circolazione dei beni immobili e ne possano limitare la libera commerciabilità. E’ evidente che una persona che ha comprato da sposato in regime di comunione legale non possa cedere quell’immobile senza l’intervento del coniuge. Conoscere quindi stato civile e regime patrimoniale diventa decisivo per il corretto perfezionamento del contratto di compravendita immobiliare. Lo stesso Codice Civile (art. 2659 n. 1) richiede di rilasciare dette menzioni in atto e i protocolli notarili (regola n. 5) disciplinano l’attività del Notaio sotto questo profilo.
I documenti da cui evincere regime patrimoniale e stato civile sono:
– estratto riassunto atto di matrimonio (se si è coniugati);
– certificato di stato libero (se non si è coniugati).
Cerchiamo ora di rispondere ai tanti perché e alle tante obiezioni cui è soggetta la richiesta dei documenti di cui sopra.
Perché non va bene il certificato di matrimonio?
Perché solo nell’estratto è annotato (indicato) il regime patrimoniale e le eventuali successive variazioni. In particolare se i coniugi sono in comunione legale dei beni non ci sarà annotazione alcuna, mentre se sono in separazione dei beni la circostanza sarà evidenziata.
Perché non va bene un’autocertificazione?
Perché non proviene dal Comune ma dalla parte stessa e quindi non ci sono certezze.
Ho copia autentica dell’atto di separazione dei beni, perché devo portare comunque l’estratto?
Perché ai fini dell’opponibilità ai terzi è necessario che la separazione dei beni risulti annotata nei Registri Civili. Mi è capitato il caso di un cliente a cui il Comune – per errore – non aveva annotato la separazione dei beni (stipulata molti anni prima per motivi di tutela dei rispettivi patrimoni). La circostanza avrebbe potuto creare – in presenza di debiti – gravi problemi all’altro coniuge e avere insistito per ottenere l’estratto dell’atto di matrimonio ha consentito di “scoprire il problema” e risolverlo prima che potesse portare a serie conseguenze.
Non sono sposato e lo posso assicurare, perché serve comunque il certificato di stato libero?
Perché una verifica non costa nulla. E purtroppo i casi di truffa (sposati a propria insaputa!), dal Nord al Sud dell’Italia, non mancano. Passare dal Notaio è fare un check-up di legalità, approfittiamo per una verifica su tutto.
Ho ereditato il bene che vendo e quindi è sicuramente personale, perché devo produrre l’estratto?
Perché quel bene potrebbe essere stato inserito in un fondo patrimoniale e quindi avere limiti alla propria commerciabilità e anche relativamente ai fondi patrimoniali ciò che rileva è l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e non la sua trascrizione nei Registri Immobiliari, che potrebbe anche difettare, il tutto come già chiarito anche dalla Corte di Cassazione.
Sono l’acquirente, se anche le mie dichiarazioni fossero sbagliate qual esarebbe il problema?
Si creerebbe un disallineamento nei Registri Immobiliari e in Catasto fra la realtà e lo stato giuridico del bene. Ne conseguirebbe che – in sede di rivendita dell’immobile – sarebbe necessario procedere ad una rettifica con conseguenti ulteriori costi da sostenere.
In conclusione, estratto atto di matrimonio e certificato di stato libero non sono un inutile bizantinismo ma documenti di enorme utilità quando si compra e si vende casa, per tutte le parti coinvolte nell’operazione. La loro produzione garantisce ogni parte e permette anche di verificare non vi siano “sorprese”. Comprendo che spesso può essere difficile recuperarli (si pensi a chi si è sposato in Comuni distanti; o alle limitazioni d’accesso agli uffici pubblici in questo periodo) ma il mio suggerimento – nel proprio interesse – è di attivarsi sempre in tal senso.
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