Donazione indiretta di denaro e dichiarazione dell’acquirente

da | 21 Giu 2020 | immobiliare

Già più volte abbiamo trattato del tema della donazione indiretta ovvero quel contratto – diverso dalla donazione – con cui un soggetto arricchisce con spirito di liberalità qualcun altro. Per una definizione più completa di questo tipo di negozio giuridico e per comprenderne meglio la distinzione con la donazione diretta, suggerisco la lettura del nostro articolo in materia di conto corrente cointestato.

Nella prassi, un’ipotesi molto frequente di donazione indiretta – anche tra i nostri clienti – è la dazione di una somma di denaro da parte dei genitori in favore del figlio per l’acquisto di un immobile.

Dato il numero importante di casi e le problematiche ad esso connesse, avevamo già illustrato la posizione della Corte di Cassazione in merito alla tassazione di donazione collegata ad una compravendita, nonché sulla caduta in comunione legale di immobili acquistati con denaro donato dai genitori al figlio sposato, denaro che si deve intendere una liberalità indiretta dal coniuge acquirente al coniuge non acquirente.

Ebbene, ci si domanda in questa sede – sulla base anche di una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione – come ci si debba comportare e cosa bisogna dichiarare in atto qualora i genitori abbiano donato al figlio – o al coniuge del figlio – il denaro necessario ai fini dell’acquisto di un immobile.

Le soluzioni adottate sono molteplici (dichiarazione dell’acquirente dell’altruità del denaro; intervento del genitore che ha fornito la somma), previo esame del caso di specie da parte del Notaio che dovrà tener conto non solo delle particolari esigenze del cliente, ma anche della situazione familiare del beneficiario della somma di denaro.

E’ però sufficiente la dichiarazione in atto dell’acquirente che compra con denaro donato per dimostrare la donazione indiretta?

La Corte di Cassazione – con l’ordinanza del 21 maggio 2020 n. 9379 – lo esclude.

Il caso era il seguente: una signora (separata legalmente dal marito) acquista un appartamento con il denaro fornito interamente dai suoceri.

I suoceri, l’ex marito e gli ex cognati citano la donna in giudizio ritenendo che i genitori avessero inteso effettuare una donazione indiretta nei confronti del figlio, con solo l’intestazione fittizia in favore della convenuta; che tra gli ex coniugi vi fosse un patto fiduciario valido sino alla loro separazione personale e che l’ex moglie dovesse restituire l’intero importo ricevuto e utilizzato per l’acquisto di un appartamento.

La Corte di Appello di Roma, in linea con quanto deciso in primo grado, precisava che la dichiarazione in atto rilasciata dalla ex moglie in qualità di acquirente secondo cui “il prezzo della compravendita è stato interamente pagato dai genitori del marito” non era da intendersi quale riconoscimento di debito né quale intestazione fittizia per patto fiduciario esistente tra i coniugi, ma fosse la dimostrazione evidente di una liberalità indiretta in suo favore effettuata proprio dai suoceri. Ancora, si trattava di donazione indiretta di denaro perché la somma era stata concessa al solo scopo di acquistare l’appartamento.

I medesimi ricorrenti, allora, proponevano ricorso per Cassazione contro la sentenza della corte d’Appello. Gli Ermellini rivoluzionano il percorso dei primi due gradi di giudizio valutando erroneo il ragionamento effettuato dalla Corte di Appello che aveva qualificato una donazione indiretta senza precisare le ragioni che proverebbero l’intento liberale da parte dei suoceri a favore della nuora e ritenendo sussistente una liberalità indiretta per la dichiarazione della nuora, non dei suoceri.

La Corte precisa, infatti, come la dazione di una somma di denaro al solo scopo di acquistare un immobile non fa scattare immediatamente l’allarme di una liberalità indiretta, idem per la sola dichiarazione dell’altruità del denaro – nell’atto di acquisto da parte dell’acquirenteBisognerebbe, piuttosto, comprendere se sussisteva o meno la volontà di donare in colui ha effettuato la dazione di denaro. Questa volontà, ricorda la Cassazione, non è deducibile dall’atto di acquisto, ma solo in via indiretta e previo esame rigoroso di ogni elemento della fattispecie.

Attenzione, dunque, agli atti in cui il corrispettivo è versato utilizzando denaro fornito da altri.

L’attività notarile e l’indagine preventiva del Notaio, in questi casi, sono fondamentali non solo per verificare la sussistenza del c.d. animus donandi, ma anche per tutelare l’acquirente dell’immobile da eventuali future problematiche successorie (si pensi ad esempio al caso di genitori che pur avendo più figli decidano di effettuare una donazione ad uno solo di loro) e suggerire la soluzione più idonea al cliente in caso di liberalità indiretta.

Raffaella Di Marco

dott.ssa - collaboratrice Studio

0 commenti