Morte del socio in società di persone

da | 4 Lug 2020 | societario, successioni

Circolano nel nostro studio – con una certa frequenza – pratiche societarie in cui ci troviamo davanti alle problematiche ed alle regole in materia di morte di uno o più soci di società in nome collettivo (oltre che del socio accomandante in società in accomandita semplice).

Sulle conseguenze circa la morte di un socio di società di persone la cui compagine sociale è costituita solo da due soci avevamo già riportato la recente posizione della Corte di Cassazione chiarita dalla Corte Suprema con l’ordinanza n. 9346 del 16 aprile 2018.

La tematica della morte di un socio – soprattutto qualora la società sia costituita solo tra due soci – è strettamente connessa alla ricostituzione della pluralità dei soci nel termine dei sei mesi (anche se in realtà tale possibilità è attuabile sino alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese) impeditiva dello scioglimento della società, ex articolo 2272 n. 4) Codice Civile.

Sulla scia del solco tracciato dalla Cassazione con l’ordinanza summenzionata, il Consiglio Nazionale di Notariato ha di recente pubblicato un Quesito di Impresa (quesito n. 134/2019/I), che brevemente riportiamo per i suoi punti più salienti, con cui ha precisato quali sono i poteri del socio superstite di società in nome collettivo e quali i diritti e le posizioni rispetto alla società degli eredi del socio defunto (estendendone le conclusioni anche al caso in cui non siano decorsi i 6 mesi per la ricostituzione della pluralità dei soci ex art. 2272 n. 4 Codice Civile).

Appurato – si legge – che l’articolo di riferimento è il 2284 Codice Civile, che con le sue alternative da un lato tutela i terzi dando loro una maggiore garanzia e dall’altro lato punta a stimolare la continuità delle società, la morte del socio non comporta più – com’era invece in epoca romanistica – lo scioglimento della società.

Se muore un socio di società di persone – questa è la tesi più sostenuta in dottrina e giurisprudenza – si scioglie immediatamente e definitivamente il vincolo tra società e socio deceduto e gli eredi non subentrano automaticamente nella posizione del socio defunto – salvo apposita clausola di continuazione nel contratto sociale – ma hanno solo diritto ad ottenere dalla società la liquidazione della quota del socio defunto. Gli eredi, in sostanza, non si considerano soci, ma meri creditori della società relativamente alla quota del socio defunto ad essi spettante.

Chiarito l’unico diritto degli eredi del socio defunto, l’articolo 2284 Codice Civile, prevede alla morte di un socio il potere di scelta per i soci superstiti tra tre alternative, a seconda delle loro esigenze:

1. proseguire la società e liquidare la quota del socio deceduto agli eredi (ad esempio se per i soci superstiti sia possibile anche dopo la morte del socio perseguire l’oggetto e lo scopo sociale);

2. sciogliere la società mettendo in liquidazione la stessa (se i superstiti considerano fondamentale per l’attività sociale l’apporto del socio defunto). In questo caso gli eredi del defunto socio non potranno pretendere la liquidazione della quota, ma verranno soddisfatti nel rispetto della fase liquidativa.

Il Quesito sul punto precisa come vi sia differenza – di presupposti, obiettivi e procedimenti – tra “liquidazione della quota” (è la quota del socio defunto di spettanza dei suoi eredi per effetto della morte del socio) e “quota di liquidazione” (spettante agli eredi in fase di liquidazione della società, se considerati soci), ma al contempo riscontra una pressocchè eguaglianza tra le due quote dal punto di vista puramente economico: agli eredi del socio defunto, infatti, spetterà sempre una somma di denaro pari al valore della partecipazione sociale del socio defunto, calcolata in considerazione della situazione patrimoniale sociale esistente al momento della morte del socio (articolo 2289 Codice Civile);

3. proseguire l’attività sociale includendo gli eredi nella compagine sociale (se il socio defunto voleva che i suoi eredi subentrassero in società nella medesima sua posizione ovvero se il loro apporto si riveli fondamentale per la prosecuzione dell’attività sociale). Gli eredi possono diventare soci della società, dunque, ma con apposito atto inter vivos e sono tali in forza dell’accordo per la continuazione della società raggiunto tra soci superstiti ed eredi, non dunque per il mero fatto di essere eredi del socio defunto.

In conclusione, alla morte di un socio – ovvero nei 6 mesi utili per la ricostituzione della pluralità dei soci (ricordiamo che la società si considera generalmente sciolta in caso di mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine dei 6 mesi) – al socio superstite – e non anche agli eredi del socio defunto – spettano i poteri di gestione, di liquidazione della quota, di decisione dello scioglimento anticipato della società, nonché di nomina del liquidatore.

Volendo, da ultimo, dare una risposta ai quesiti più frequenti dei nostri clienti, qualora si riversi in uno dei casi qui considerati (morte del socio ovvero di ricostituzione della pluralità dei soci), è doveroso chiarire che della morte del socio deve essere data comunicazione al Registro delle Imprese entro 30 giorni dal decesso ed è possibile sforare il termine sebbene, però, sia prevista una sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 2630 Codice Civile in capo ai soggetti obbligati.

Proprio in merito agli adempimenti pubblicitari della morte del socio di società di persone – tenendo, però, conto che la situazione potrebbe variare a seconda del Registro delle Imprese competente – si rinvia alla apposita direttiva emanata dal MISE, d’intesa col Ministro della Giustizia.

Raffaella Di Marco

dott.ssa - collaboratrice Studio

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