Il permesso di soggiorno per investitori rientra nel novero dei documenti la cui titolarità esenta dall’accertamento della condizione di reciprocità?
La questione, dibattuta in dottrina, è stata risolta definitivamente dalla legge 11 settembre 2020 n. 120, di conversione del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, introducendo nel decreto l’art. 40-quater, contenente importanti modifiche alla disciplina del permesso di soggiorno per investitori di cui all’art. 26-bis del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286.
Anzitutto, è bene ricordare che, ai sensi dell’articolo 16 delle Preleggi, lo straniero e le persone giuridiche straniere sono ammessi a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino italiano ed alle persone giuridiche di diritto italiano, a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Pertanto, i primi sono ammessi a godere dei diritti civili attribuiti ai secondi a condizione che lo stesso trattamento sia accordato al cittadino italiano nello stato d’origine dello straniero.
In base al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, sono parificati ai cittadini italiani e, dunque, dispensati dalla verifica della condizione di reciprocità:
– i cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea nonché i cittadini dei Paesi SEE (Islanda, Liechtenstein e Norvegia);
– i cittadini extracomunitari che soggiornano nel territorio italiano e sono titolari della carta di soggiorno o di un regolare permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio;
– gli apolidi residenti in Italia da almeno 3 anni;
– i rifugiati residenti in Italia da almeno 3 anni.
Allo stesso modo il comma 3 dell’art. 26 del suddetto decreto legislativo non imponeva espressamente la preventiva verifica della condizione di reciprocità per gli investitori stranieri.
Il silenzio della disposizione e la mancata presa di posizione, ha, quindi, generato in dottrina un accesso dibattito: da un lato, alcuni, in assenza di apposita previsione normativa, hanno affermato che la sussistenza della reciprocità costituisse il presupposto che avrebbe consentito allo straniero di effettuare l’investimento in Italia e di ottenere il relativo permesso. Al contrario, altri, hanno osservato come la finalità del principio in questione, consistente nell’attrarre gli investimenti stranieri, sarebbe risultata frustrata laddove si fosse impedito all’investitore straniero l’acquisto di immobili o di partecipazioni sociali per difetto di reciprocità.
La questione è stata risolta, come anticipato all’inizio, dall’art. 40-quater del decreto legge n. 76/2020, introducendo all’art. 26-bis d.lgs. 286/1998, un nuovo comma 5-bis, in base al quale, il soggetto titolare del permesso di soggiorno per investitori:
– può esercitare gli stessi diritti inerenti al permesso di soggiorno per lavoro autonomo;
– è esonerato dalla verifica della condizione di reciprocità di cui all’articolo 16 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al Codice Civile;
– per la durata complessiva di cinque anni a decorrere dal primo rilascio è esonerato dagli obblighi inerenti la continuità del soggiorno in Italia.
L’esplicita previsione, quindi, consente, agli stranieri di ottenere il permesso di soggiorno per investitori indipendentemente dalla reciprocità e a prescindere dal fatto che all’investitore italiano sia accordato lo stesso trattamento nello stato straniero.
0 commenti