Con la sentenza 18 settembre 2020 n. 19508 la Corte di Cassazione ha statuito che se il debitore si determina liberamente al trasferimento di un bene, si esclude la configurabilità della violazione del divieto del patto commissorio.
L’occasio iuris è stata offerta dalla pretesa di P.A. che, chiamando in giudizio il padre innanzi al Tribunale di Tivoli, chiedeva disporsi il trasferimento in suo favore della proprietà dell’immobile sito in Subiaco poiché quest’ultimo, con scrittura privata autenticata, si era impegnato a cedere ogni suo avere in cambio dell’avvenuto pagamento della somma di euro 140.000, versata dalla prima alla Banca Capitalia, al fine di cancellare l’ipoteca iscritta sul predetto immobile.
La Suprema Corte, allineandosi, quindi, alla medesima posizione assunta dal giudice di prime cure e dalla Corte d’appello di Roma, ha escluso la violazione del patto commissorio, il cui divieto è sancito all’articolo 2744 del Codice Civile ed ha ribadito, nel caso di specie, la corretta applicazione del principio secondo cui il patto stesso è configurabile solo quando il debitore è costretto al trasferimento di un bene.
E’ bene chiarire che il patto commissorio è un accordo con cui il debitore ed il creditore convengono che, in caso di mancato pagamento del credito entro un termine fissato, la proprietà del bene dato in garanzia con ipoteca o pegno, passa in proprietà dal primo al secondo. Una simile convenzione è vietata espressamente dal nostro ordinamento dall’art. 2744 del Codice Civile che ne sancisce la nullità, sia per tutelare gli interessi del debitore bisognoso di denaro sia per garantire l’applicazione del principio della par condicio creditorum.
Analogo divieto è posto, in tema di anticresi, dall’art. 1963 del Codice Civile secondo cui è ugualmente nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito.
Su tale dettato codicistico è, poi, intervenuta una copiosa giurisprudenza che ha interpretato, negli anni, in modo estensivo il divieto in questione a tal punto da estenderlo oltre i soli casi di ipoteca e pegno e rendendolo applicabile ad ogni ipotesi in cui le parti stringono un patto che realizzi in concreto il risultato vietato dalla norma, ossia il passaggio di proprietà al creditore in caso di mancato pagamento.
Ciò chiarito, la Corte Cassazione ha precisato che il patto in questione, vietato appunto dall’art. 2744 del Codice Civile, è configurabile solo quando il debitore è costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell’obbligazione e non anche ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale datio in solutumovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all’atto della costituzione dell’obbligazione medesima.
Pertanto il trasferimento di un bene dal debitore al creditore a seguito di un accordo intercorso ed in caso di inadempimento non si configura come patto commissorio:
– se le parti concordano che tale passaggio di proprietà può estinguere l’obbligazione ai sensi dell’articolo 1197 del Codice Civile poiché trattatasi di una sostituzione voluta della prestazione originariamente dovuta con una di natura diversa;
– se le parti concordano che, all’atto della costituzione dell’obbligazione, il debitore può liberarsi dalla stessa scegliendo la prestazione da eseguire ai sensi dell’articolo 1286 del Codice Civile.
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