Cassazione 20512/2020 e obbligo di diligenza del mediatore

da | 24 Dic 2020 | immobiliare | 2 commenti

Il mediatore, comunemente anche definito “agente immobiliare”, è quella figura a cui, chi intende vendere o acquistare casa, solitamente decide di ricorrere e che ha il compito di mettere in contatto le due parti per concludere una compravendita. E’ una prassi molto diffusa quando si tratta di trovare degli accordi tra l’acquirente e il venditore. Infatti, non è facile riuscire a trovare dei punti di interesse per entrambe le parti per potere concludere l’affare e la prestazione di un professionista spesso risulta essere determinante.

Solitamente, chi intende vendere o acquistare casa decide di ricorrere alla mediazione immobiliare anche per evitare brutte sorprese. Nell’ambito di un contratto di mediazione, infatti, il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione dello stesso. Infatti, come affermato dall’articolo 1759 cc: “Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso.

Il mediatore risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite”

Ciò è stato anche recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n.20512 del 29 settembre 2020, dove la Corte sottolinea l’onere di diligenza del mediatore all’interno del contratto di mediazione immobiliare, e dunque il dovere di informare le parti delle circostanze a lui note che possono influire sulla sicurezza dell’affare, tra cui rientra anche, la capacità patrimoniale (cioè solvibilità) delle parti.

Il caso in questione affrontato dalla Corte di Cassazione ha visto protagonista una signora che aveva sottoscritto un contratto preliminare di compravendita di un immobile, versando al promittente venditore a titolo di caparra la somma di euro 70.000,00.

Il problema è sorto dal momento in cui il promittente venditore, non solo non ha poi trasferito in via definitiva l’immobile (vendendolo nel frattempo ad un terzo), ma non ha neanche provveduto a restituire alcuna somma alla signora. Questo dovuto al fatto che non aveva alcuna disponibilità economica, se non quell’unico bene immobile oggetto del preliminare (inoltre, lo stesso, era già stato dichiarato fallito pochi anni prima del fatto).

La signora ha dunque deciso di agire in giudizio contro la società di mediazione immobiliare, che le aveva dato errate informazioni sulla situazione economica del promittente venditore, rassicurandola sulla sua solvibilità. In particolare, la signora ha domandato la condanna del mediatore al risarcimento del danno subito, (la mancata restituzione della caparra e il costo della mediazione).

Sia nel primo che nel secondo grado di giudizio, la domanda della signora era stata respinta, in quanto il Tribunale e la Corte d’appello avevano ritenuto la capacità patrimoniale del venditore un elemento non rilevante ai fini della diligenza del mediatore.

Sempre secondo la Corte d’appello, il mediatore era obbligato ad interessarsi solo della solvibilità del promissario acquirente. Inoltre, aveva ritenuto che il promittente acquirente non avesse dato prova che, anche se fosse stata informata della capacità patrimoniale del venditore, non avrebbe concluso l’affare o lo avrebbe concluso a condizioni diverse.

La signora si è quindi rivolta alla Corte di Cassazione che, invece, era di un altro parere.

La Corte ha infatti ritenuto la responsabilità del mediatore a norma dell’art. 1759 c.c. ed afferma che “è consolidato insegnamento di questa Suprema Corte che concorre onere di diligenza in capo al mediatore di informare le parti di tutte le questioni, a lui note, influenti sulla sicurezza dell’affare. E di certo la capacità patrimoniale delle parti, specie in presenza della dazione di somma a titolo di anticipo di pagamento o caparra – come avvenuto nella specie -, appare inconfutabilmente un elemento di rilievo per la sicurezza dell’affare, nel senso che parte promissaria acquirente deve poter confidare nel recupero della somma anticipata in caso di inadempienza della controparte agli obblighi assunti con il contratto preliminare.”.

Infine, per quando riguarda l’onere della prova, la Corte afferma che non compete alla parte promissaria acquirente dimostrare che se avesse saputo della situazione economica del venditore avrebbe agito diversamente, ma spetta al mediatore fornire prova liberatoria e dimostrare di aver assolto al suo compito.

Il mediatore riveste dunque un ruolo importante all’interno delle trattative di compravendita, in quanto simbolo di garanzia e di sicurezza dell’affare. Lo stesso è però soggetto a delle responsabilità e a degli obblighi che, se non rispettati, possono portare a conseguenze poco piacevoli.

Rachele Nuti

dott.ssa - collaboratrice Studio

2 Commenti

  1. Articolo interessantissimo che, indirettamente, tocca anche argomenti spesso sottovalutati come il pagamento delle provvigioni o l’ammontare della caparra confirmatoria versata alla firma del preliminare, e regolati da contratti di agenzia con norme capestro.
    In caso di preliminare subordinato alla concessione di un mutuo alla parte acquirente, può considerasi concluso l’affare alla firma del preliminare e quindi al soggetto al pagamento delle provvigioni? Ha l’agenzia immobiliare messo in atto tutta la diligenza volta ad accertare la solvibilità dell’acquirente e, di conseguenza, alla concessione del mutuo? E se anche l’abbia fatto, poiché la concessione del mutuo è soggetta alla decisione imponderabile delle banche, può l’agenzia pretendere il pagamento delle provvigioni a fronte di un mutuo non concesso, con conseguente risoluzione del contratto preliminare, e trasformazione dello stesso in semplice “presentazione di un potenziale acquirente”? In fin dei conti il mandato d’agenzia è “per vendere casa” o “per acquistare casa”, che a mio avviso (ma non sono un giurista, quindi parere del tutto personale) si conclude con un “rogito” e non con un “nulla di fatto, abbiamo scherzato” obbligando acquirente e venditore, in questo caso entrambi incolpevoli, al pagamento di prestazioni non evase.

    Come giudicare il comportamento di un agente che convince il potenziale venditore della solvibilità del potenziale acquirente, convincendolo a firmare un compromesso senza alcun vincolo di subordinazione, quando sa, perché intermediario di trattativa analoga, che la capacità economica dell’acquirente dipende dal buon fine della trattativa ancora in corso? Mi rendo conto che forse non sono stato chiaro e mi spiego meglio perché riguarda proprio la mia situazione.

    A viene convinto a firmare un preliminare con scadenza molto lontana nel tempo per vendere a B perché, a detta dell’agenzia, B ha appena venduto la propria abitazione e quindi ha disponibilità economica. Il “molto lontana nel tempo” viene giustificata con un generico “per comodità di B, perché sta vendendo la casa della figlia”.

    B, coadiuvato dalla stessa agenzia, nel frattempo ha solo firmato un preliminare per vendere la casa a C, ma il contratto non è stato ancora “rogitato”. Quindi B il soldi per acquistare la casa di A, al momento della firma del preliminare, i soldi non li ha. Forse li avrà quando sottoscriverà il rogito. Ma non è quello che è stato fatto intendere ad A. Se A fosse stato informato della reale disponibilità economica di B forse non avrebbe acconsentito a firmare il preliminare.

    So che entra in ballo la correttezza di comportamento dell’agente immobiliare, ma questo comportamenti scorretti chi li tutela?

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    • Il caso prospettato è articolato.

      Se è presente un preliminare non condizionato la tutela del venditore è data dalla caparra incassata; l’acquirente non riesce più a comprare e quindi perde la caparra. La restituzione della caparra vale quale risarcimento del danno.

      La posizione del mediatore – come descritta – è sicuramente delicata. Se il venditore dimostra che le informazioni fornite sono state volutamente fuorvianti ritengo abbia margini – ma sul punto l’Autorità Giudiziaria è sovrana – per contestare la provvigione pagata (o richiesta).

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