Mai come questa volta si può citare la famosa frase di Bertold Brecht che recita “Ci sarà pure un Giudice a Berlino”: il Giudice c’è – ed è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 02643/2021 – e non siamo a Berlino ma a Roma, ove il tema del contendere è la costituzione delle start up senza Notaio.
Mi riferisco infatti alla pronuncia pubblicata il 29 marzo 2021 con cui cui l’organo supremo della giustizia amministrativa italiana ha accolto il ricorso in appello presentato dal Consiglio Nazionale del Notariato avverso la sentenza del TAR del Lazio n. 10004/2017 e ha così dichiarato l’illegittimità costituzionale del DM 17 febbraio 2016 e connessi provvedimenti attuativi nella parte in cui prevedevano la possibilità di costituire e di iscrivere in Camera di Commercio le start-up innovative senza il controllo del Notaio.
Prima di esaminare le puntuali motivazioni che hanno spinto il Consiglio di Stato a pronunciarsi in tal senso, è bene ricordare il quadro normativo in cui si inserisce la sentenza in oggetto e dal quale è scaturita la diatriba che ha portato alla riaffermazione dell’importanza dell’atto pubblico e la necessarietà dell’intervento notarile, che io stesso ho più volte evidenziato.
La start-up innovativa – qui un nostro approfondimento sui requisiti e sulla documentazione necessaria per procedere alla sua costituzione – è un tipo di società di capitali, costituita anche in forma di cooperativa, ad alto contenuto tecnologico e collegata ad una serie di agevolazioni fiscali e non. In base alla disciplina vigente: – è iscritta in un’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese ex art. 2188 c.c.;
– la sua identificazione è certificata mediante una specifica autocertificazione attestante la sussistenza dei requisiti e prodotta dal legale rappresentante che ne provvede al deposito presso l’ufficio del Registro delle Imprese;
– è cancellata d’ufficio dalla sezione speciale di cui sopra entro 60 giorni dalla perdita dei requisiti permanendo l’iscrizione alla sezione ordinaria del Registro delle Imprese.
In forza, poi, del d.l. 24 gennaio 2015 n. 3 e del successivo D.M. 17 febbraio 2016 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico è stato previsto che:
– in deroga all’art. 2463 c.c. i contratti di s.r.l. per la costituzione di start-up innovative siano redatti in forma elettronica e firmati digitalmente, seguendo un modello standard predisposto dal Ministero senza alcuna autentica di sottoscrizione;
– detto documento, una volta redatto, venga presentato all’ufficio del Registro delle Imprese, il quale, effettuate alcune verifiche – indicate all’art. 2, co. 2 del D.M. – disponga l’iscrizione provvisoria della società nella sezione ordinaria del Registro con apposita annotazione, e, su istanza dell’interessata, l’iscrizione nella sezione speciale delle start-up;
– in caso di cancellazione dalla sezione speciale per motivi sopravvenuti, la società mantenga l’iscrizione nella sezione ordinaria senza alcuna necessità di modificare o ripetere l’atto, fino ad eventuale modifica statutaria.
Tale iter, escludendo del tutto l’intervento di un pubblico ufficiale, quale il Notaio, implica l’assoluta mancanza di controlli preventivi di legalità su un modello societario tanto appetibile quanto agevolato. Per questo motivo il Consiglio Nazionale del Notariato ha, da subito, lamentato l’illegittimità dei provvedimenti ministeriali ponendo l’accento sul fatto che il Ministero avrebbe innovato arbitrariamente le previsioni della norma primaria stabilendo che l’atto costitutivo e lo statuto delle strat-up, ove disgiunto, siano redatti in modalità esclusivamente informatica ed ha censurato la scelta di dare attuazione alla disciplina elaborata a livello legislativo per mezzo di atti atipici, privi dei requisiti minimi necessari perché possano essere considerati fonti di rango secondario.
Il Consiglio di Stato ha, quindi accolto tale doglianza del Consiglio Nazionale del Notariato rilevando che il potere esercitato dal Ministero attraverso il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell’ordinamento, ovvero, nello specifico, non poteva incidere sulla tipologia degli atti necessari per la costituzione delle start up innovative, così come previsti dalla norma primaria. Nel caso in esame, la fonte primaria, rappresentata dall’art. 4, comma 10-bis del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, si limita a rimettere ad un decreto la predisposizione del modello uniforme; quest’ultimo non poteva che interessare la sola modalità pratica di redazione dell’atto costituivo, continuando per il resto ad operare le regole tradizionali. Il citato art. 4, comma 10-bis del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, contempla un’alternatività quanto alle modalità di costituzione – l’atto pubblico ovvero l’atto sottoscritto con le modalità previste dall’articolo 24 del codice dell’amministrazione digitale -, mentre il decreto non si limita ad approvare un modello standard ma prevede, tra l’altro, che l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, siano redatti in modalità esclusivamente informatica. [.] Quest’ultima disposizione, prevedendo quale unica possibilità di redazione quella “esclusivamente informatica”, esclude – illegittimamente, in quanto in palese contrasto con la legge – l’altra delle due modalità alternative che il Legislatore aveva previsto per la costituzione della peculiare tipologia di società in discorso, vale a dire quella basata sulla redazione “per atto pubblico”.
Ancora, il Consiglio Nazionale del Notariato ha lamentato che una simile mancanza totale di controlli preventivi, amministrativi e giudiziari da parte delle Camere di Commercio si pone inevitabilmente in contrasto con la normativa europea e viola direttamente l’art. 11 della Direttiva 2009/101/CE nonché l’art. 10 della Direttiva 2017/1132/UE. Queste ultime, infatti, affermando la necessità del controllo di legalità in sede di costituzione, modificazione ed estinzione delle società di capitali, prescrivono che, a tutela dei soci e dei terzi, nel caso di assenza di controllo preventivo (amministrativo o giudiziario) al momento della costituzione, l’atto costitutivo, lo statuto e le loro modifiche debbano rivestire la forma dell’atto pubblico.
Anche a tal proposito il Consiglio di Stato ha accolto le doglianze proposte evidenziando “che la disciplina nazionale (art. 11 DPR 581/1995) attribuisce agli Uffici del Registro delle Imprese la competenza ad un controllo di tipo eminentemente formale, ossia non diretto ad accertare l’effettiva esistenza delle condizioni per l’iscrizione della società nel Registro, ma basato sull’esame della documentazione presentata dal notaio. In questa prospettiva sarebbero illegittime le disposizioni del DM impugnato relative ai controlli demandati all’Ufficio del Registro, nelle parti relative alle verifiche sul possesso dei requisiti necessari per il riconoscimento dello status di startup innovativa.”
In breve e volendo riassumere, questa pronuncia ripone al centro del dibattito un tema fondamentale: per costituire una società occorrono dei controlli di legalità, questi controlli li svolge il Notaio (pubblico ufficiale incaricato dallo Stato), il tutto come vuole la normativa europea.
Rimane ora da chiedersi da un lato cosa sarà delle società già costituite senza l’intervento notarile e dall’altro le prossime possibili evoluzioni.
Il dibattito dottrinale circa la sorte delle società illegali – sì, illegali, perché nate senza controlli – già costituite è ampio.
Una prima tesi ritiene che nulla cambi per le realtà che già esistono, perché la sentenza non può avere efficacia retroattiva. Si ribatte che ciò vale laddove la sentenza travolga una norma di legge, non una fonte di grado inferiore (in questo caso un regolamento ministeriale) come nel caso in oggetto.
Una seconda tesi ritiene che si sia verificata una causa di scioglimento della società ex lege, e pertanto sia necessario convocare l’assemblea dei soci per revocare lo scioglimento, depositando nuovamente nel Registro Imprese atto costitutivo e statuto, il tutto ovviamente con verbale notarile.
Ancora, si ritiene necessario ripetere in forma pubblica l’atto costitutivo con l’intervento di soci fondatori e soci attuali.
Suggerire quale sia la strada migliore è sinceramente arduo; una massima sul punto (la Commissione Societaria del Consiglio Notarile di Milano, autorità in materia, è sicuramente già al lavoro) sarà di grande ausilio.
Di certo emerge un profilo di responsabilità degli amministratori, che devono almeno senza indugio investire i soci della circostanza per valutare come procedere (e forse tuzioristicamente, a loro tutela, optare per l’opzione due di cui sopra). Responsabilità, aggiungo, che rischia di estendersi anche a chi la costituzione senza Notaio l’ha caldeggiata, pur essendo noto che pendeva un ricorso al Consiglio di Stato. Consulenti di parte e fondatori che hanno sposato questa linea ora potrebbero essere chiamati a risponderne.
Infine residua il tema dei possibili sviluppi, tenendo conto che già alcuni invocano un intervento della politica lamentando una lesa maestà. Il mio giudizio sul punto non può che essere netto.
I controlli notarili sono necessari per garantire legalità e funzionamento del sistema, il tutto nella cornice del diritto europeo. Non volere l’intervento del Notaio in sede di costituzione di una start-up vuol dire essere contro la legalità, contro le regole, contro l’Europa. Rivendicare una qualche diversità in quanto start-up innovativa significa tracciare un solco rispetto a tutte le altre imprese che non ha alcuna ragione di esistere: i controlli devono esserci per tutti, le regole devono essere uguali per tutte.
Sostenere che l’intervento del Notaio – in un Paese di infiltrazioni mafiose, di analfabeti funzionali, di intestazioni fittizie – sia un costo non sostenibile da eliminare (quando per una start-up innovativa in media si parla di poche centinaia d’euro di compenso) è una fake news che mira solo a sottrarre all’intero sistema nazionale risorse che devono essere spese diversamente (ad es. a favore di pensionati, disoccupati, lavoratori precari, settori ora colpiti dal COVID).
Il costo di cui sopra, infatti, non sarebbe banalmente eliminato ma spalmato su altri. Innanzitutto su tutti noi che rischiamo di dovere mantenere tutti gli oneri indiretti (in primis per le spese di giustizia) che un sistema senza controlli inevitabilmente porta con sé. Il fenomeno si è già palesato in tutta la sua drammaticità nel settore delle vendite di autoveicoli, ove l’eliminazione dell’autentica notarile ha condotto ad esplosione di truffe (e di spese assicurative).
Certo, una soluzione senza Notaio ma con controlli, nel contesto delle regole europee, è possibile. Si tratta di un ritorno al passato, con la devoluzione ai Tribunali della competenza circa le omologhe degli atti societari. Questo scenario ovviamente aumenta i costi per tutti (perché mentre il Notaio lo paga solo la società il Giudice lo paghiamo tutti noi) ma soprattutto dilata i tempi. Per costituire una società dal Notaio basta un giorno, per attendere un provvedimento di un Tribunale (causa mole di lavoro non banale) occorrono mesi.
La politica, oggi strattonata, non può non considerare questo. L’Italia non può essere ostaggio di una piccola lobby – costituita da alcuni presunti imprenditori che pretendono di non spendere nulla per iniziare il loro percorso e che rappresentano un’assoluta minoranza nel panorama del mondo dell’innovazione della Penisola, questo va rimarcato a difesa dei tanti che le proprie società le hanno costituite con atto notarile – che non vuole spese né rischi ma solo privilegi a scapito dei diritti di tutti.
A testimonianza, infine, che non si vuole un ritorno al passato ma si è ben fermi – come categoria – nel futuro si è consapevoli che altri passi saranno chiesti al legislatore. Mi riferisco in particolare al tema della costituzione on-line delle società. Il Consiglio Nazionale del Notariato – con una lungimiranza degna di applausi nell’interesse dell’intero Paese – si è già attivato proponendo una piattaforma che rende possibile operare a distanza senza rinunciare ai filtri di legalità.
La sfida rimane quella: da un lato chi vuole controlli e certezza del diritto nell’interesse di tutti, dall’altro i cowboy che sognano il far west della legge del più forte arraffando le risorse degli altri. Per fortuna qualche sceriffo c’è ancora in città.
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