PRIMA CASA E LAVORO NEL COMUNE

da | 18 Giu 2022 | fisco, immobiliare | 2 commenti

E’ noto a tutti ormai – anche per il cospicuo numero di articoli pubblicati sul nostro sito – che le imposte da pagare sono ridotte quando un acquisto immobiliare viene effettuato da persone fisiche ed in presenza dei requisiti “prima casa”, dettagliatamente elencati nella  Nota II-bis, posta in calce all’articolo 1 della Tariffa Parte I, allegata al Testo Unico dell’Imposta di Registro.

Tra questi, ricordiamo, poiché repetita iuvant:

– la non titolarità – anche in comunione legale col proprio coniuge – dei diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione su altro immobile sito nel medesimo Comune dell’abitazione che si intende comprare;

– la non titolarità – anche in quote e in comunione legale col proprio coniuge – dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o nuda proprietà su altra casa sita in Italia adibita ad abitazione principale e acquistata già con le agevolazioni in questione;

la residenza.

Affinché sia soddisfatto quest’ultimo requisito, la prima casa deve trovarsi in un Comune in cui l’acquirente abbia già la residenza o in cui la trasferisca entro 18 mesi dalla data dell’atto di acquisto o ancora in cui svolga la propria attività.

Si tratta di condizioni alternative e sostituibili tra loro – ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 27 aprile 2017 n. 53/E – che il contribuente può scegliere in sede di acquisto in considerazione delle proprie decisioni personali e della propria situazione lavorativa.

Il medesimo principio è stato poi, ribadito, dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21814 del 9 ottobre 2020 la quale ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, avvalorando, il principio già espresso dall’ordinanza n. 13850/2017 della stessa Corte, secondo il quale in tema di beneficio fiscale relativo all’acquisto della prima casa, il contribuente deve invocare, a pena di decadenza, al momento della registrazione dell’atto di acquisto, alternativamente, il criterio della residenza o quello della sede effettiva di lavoro, dovendosi valutare la spettanza del beneficio, nel primo caso, in base alle risultanze delle certificazioni anagrafiche, e, nel secondo, alla stregua dell’effettiva sede di lavoro. Ne consegue che decade dall’agevolazione il contribuente che non abbia indicato, nell’atto notarile, di voler utilizzare l’abitazione in luogo di lavoro diverso dal comune di residenza.

Va da sé, dunque, che nel caso in cui il contribuente abbia dichiarato in atto di voler utilizzare il requisito del luogo di lavoro senza poi rispettarlo, non decade dalle agevolazioni fiscali della prima casa se, con atto notarile successivo, va a rettificare il requisito del luogo di lavoro con quello della residenza dichiarando di voler trasferire – nel Comune in cui è sito l’immobile – la residenza nei successivi 18 mesi.

Ludovica Adriano Battisatella

avv.ssa - collaboratrice Studio

2 Commenti

  1. Nel vs. sito si fa un grande uso del termine immobile come sinonimo di casa.
    Non è la stessa cosa, nel mio caso ad esempio sono proprietario per quote di diritti di proprietà su campi ed annesso agricolo nel comune dell’appartamento che sto comprando con benefici prima casa mantenendo residenza in altro comune, se l’annesso rilevasse non potrei farlo.

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    • Grazie per la segnalazione, ma è voluto.

      Mi sono capitati casi di clienti con già (solo) autorimesse in un Comune che erano convinte comprando abitazione e altra autorimessa di potere richiedere le agevolazioni prima casa anche sulla nuova autorimessa.

      O ancora ho avuto il caso di un cliente che aveva comprato un negozio senza agevolazioni prima casa (ovviamente) ma aveva già proceduto a lavori con accatastamento come abitativo e non ci aveva comunicato nulla pensando che non rilevasse.

      Per questo valorizziamo il termine “immobile”, ho piacere che se c’è un immobile – anche non abitativo – emerga la questione per evitare incomprensioni.

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