La rinuncia all’eredità – meglio analizzata all’interno della nostra pagina dedicata – è, come emerge dall’art. 519 c.c., un negozio abdicativo con il quale il chiamato manifesta la propria volontà di non acquisire quanto gli spetterebbe.
Ma quali sono gli effetti della rinuncia?
Ai sensi dell’art. 522 c.c. “Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunciante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dell’ultimo comma dell’art. 571. Se il rinunziante è solo, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso egli mancasse.”.
Tale disposto pone l’attenzione sul delicato tema dei chiamati ulteriori e sulla possibilità per i medesimi di accettare o rinunciare all’eredità.
In dottrina la maggior parte degli Autori (tra i pù celebri: BARASSI, CARITOTA FERRARA, BIANCA, GENGHINI) propende per la tesi negativa, sostenendo che mancherebbe, a favore dei chiamati ulteriori, come per quelli sotto condizione, la delazione, data la non attualità della stessa in capo ai medesimi che, in pendenza del termine per i primi chiamati, rimarrebbe, unicamente, potenziale.
Circostanza che porterebbe, dunque, ad escludere la possibilità di accettare o rinunciare per i medesimi.
Al contrario, la tesi positivista è fortemente sostenuta della giurisprudenza, come facilmente ravvisabile in note sentenze della Corte di Cassazione (tra le più famose: Cass. 16 agosto 1993, n. 8737; Cass. 22 giugno 1995, n. 7073; Cass. 13 luglio 2000, n. 9286; Cass. 30 marzo 2012, n. 5152), la cui argomentazione si fonda sulla simultaneità della delazione a favore dei primi chiamati e di quelli ulteriori che si evince dagli artt. 480 comma 3 e 479 c.c..
Sorge spontaneo chiedersi perché sia tanto importante determinare se il chiamato ulteriore possa o meno rinunciare all’eredità in pendenza del termine dei primi chiamati, anche in considerazione del fatto che il diritto a rinunciare, come quello ad accettare, si prescrive in 10 anni dal decesso. Dunque, non nel breve periodo rispetto all’apertura della successione.
Ebbene, la casistica maggiormente rilevante è quella che vede il chiamato ulteriore nel possesso dei beni ereditari.
E’ necessario ricordare che, ai sensi dell’art. 485 c.c., “Il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità. […]
Trascorso tale termine senza che l’inventario sia stato compiuto, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice.”.
Se da una parte è opinione ormai consolidata che il chiamato nel possesso dei beni possa rinunciare senza effettuare preliminarmente l’inventario, d’altra parte rimane il problema della non banale conseguenza dell’accettazione tacita dell’eredità, ove non sia intervenuta la rinuncia entro il termine prescritto.
Problematica che diviene nettamente rilevante nel caso in cui sia il chiamato ulteriore ad essere nel possesso dei beni.
Data la considerevole conseguenza dell’accettazione tacita precedentemente richiamata, seppur manchi chiarezza in merito, è necessario considerare, a fini prudenziali, come apposto il termine di cui all’art. 485 c.c. anche per il chiamato ulteriore che, in ogni caso, potrà avvalersi della forma di tutela prescritta dall’art. 481 c.c. a norma del quale “Chiunque vi ha interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare.”.
Buonasera. Un quesito: In caso di rinunce all’eredità “a cascata” (figlio, nipote, pronipote …) quali soggetti vanno indicati in dichiarazione di successione come rinuncianti? Tutti, il figlio, o solo l’ultimo di questi per rappresentazione. La ringrazio anticipatamente
Tutti.
Quesito: se il chiamato all’eredità fa decorrere inutilmente il termine fissato dal Giudice ex art. 481 c.c., e quindi perde il diritto di accettare l’eredità, il figlio minore di quest’ultimo subentra nel diritto di accettare per rappresentazione? E se sì, antro quale termine? Grazie
A mio parere, sul presupposto che la rappresentazione possa operare, il termine è sempre decennale.
E’ il chiamato ulteriore, in questo caso il figlio (o chi per lui), che deve attivarsi per l’accettazione non appena trascorso il termine fissato ex 481 c.c..
Irrilevante che sia minorenne.