Mai come in questo momento storico, l’impulso verso soluzioni energetiche alternative al modello fossile è sempre più forte e, tra le varie soluzioni sul tavolo, le Comunità Energetiche Rinnovabili (C.E.R.) stanno trovando ogni giorno sempre più interesse.
L’idea alla base della Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE) e dell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe n. 162/2019 (con i successivi decreti attuativi), è molto semplice: in epoca in cui il concetto di “sharing“, ossia di condivisione di beni o servizi, ha ormai pervaso tantissimi settori, non poteva certo rimanere escluso il settore dell’energia.
Ed è proprio sul concetto di sharing energetico che si basa la Comunità Energetica Rinnovabile.
Ma di cosa si tratta?
Partiamo dal concetto di comunità: la C.E.R. è un soggetto giuridico collettivo e autonomo (cioè distinto dai propri membri) e può essere composta da persone fisiche o giuridiche, associazioni riconosciute e non, cooperative, consorzi, enti territoriali o del terzo settore, piccole e medie imprese, purché lo scopo perseguito non sia il profitto.
Una C.E.R. è quindi un insieme di cittadini, imprese o enti locali, che, ispirandosi ai principi di decentramento e localizzazione della produzione energetica, si alimenta con le fonti rinnovabili, avendo come oggetto sociale prevalente quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali ai propri membri e alle aree locali in cui opera.
Si possono costituire, ad esempio, comunità di quartiere, comunità agricole, comunità di borgo e così via, dotate di un proprio statuto e di propri organi.
Ci sono anche altri “soggetti” coinvolti in questa comunità:
– l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (A.R.E.R.A), che stabilisce le regole;
– il Gestore dei Servizi Energetici (G.S.E.) che, sulla base delle regole di ARERA, riconosce gli incentivi.
Smarchiamo anche il secondo concetto da chiarire, comunità “rinnovabile”: nella comunità energetica l’energia elettrica deve essere prodotta solo attraverso uno o più impianti alimentati da fonti rinnovabili (essenzialmente: pannelli solari, impianti idro-elettrici, biomassa, eolico).
Non solo, la C.E.R. è un soggetto giuridico composto da utenze anche di più edifici distinti, ma appartenenti alla stessa rete di medio/bassa tensione (ossia, tutte le unità di consumo devono essere sottese alla stessa cabina di trasformazione secondaria), condividendo l’energia elettrica prodotta da uno o più impianti a fonte rinnovabile.
L’energia elettrica condivisa è pari al minimo, su base oraria, tra l’energia elettrica immessa in rete e l’energia elettrica prelevata dai consumatori.
L’energia in eccesso potrà essere immagazzinata in sistemi di accumulo (batterie) per essere poi utilizzata quando le fonti rinnovabili non sono utilizzabili (per esempio di notte nel caso dei pannelli solari) o quando se ne verifichi la necessità (per esempio per far fronte a picchi di domanda).
la costituzione di un soggetto giuridico autonomo, che rappresenti i membri della comunità
il potenziamento di un impianto già esistente, o l’individuazione dell’area (tetto o terreno) su cui installare un nuovo impianto: non è necessario che l’impianto sia di proprietà della comunità, potendo anche essere messo a disposizione da uno o più membri, o appartenere a un soggetto terzo…l’importante è che la comunità sia proprietaria o abbia la piena disponibilità degli impianti in base di un titolo contrattuale idoneo (usufrutto, comodato d’uso)
l’installazione da parte di ogni membro della comunità di uno smart meter (o energy box), ossia un contatore intelligente che rileva in tempo reale le informazioni su produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dalla rete dell’energia
Completando il quadro normativo, è fondamentale ricordare che la comunità energetica rinnovabile:
– deve sempre prevedere il passaggio per la rete pubblica (non è possibile utilizzare una rete privata);
– la partecipazione deve essere aperta, volontaria e basata su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori (si può entrare e uscire da essa senza particolari vincoli e i partecipanti mantengono il loro diritto di scegliere il proprio fornitore ed uscire dalla comunità quando lo desiderano);
– deve essere formata dai consumatori ubicati nelle prossimità dell’impianto di generazione.
In base agli ultimi aggiornamenti normativi, gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili devono avere una potenza complessiva non superiore a 1 MW ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (corrispondente territorialmente a circa 3-4 Comuni oppure 2-3 quartieri di una grande città) sulla quale insistono tutti gli iscritti alla comunità energetica.
I vantaggi e i benefici previsti dai decreti attuativi sono molteplici e toccano vari settori:
– risparmio in bolletta: più energia si autoconsuma direttamente e più si riducono i costi delle componenti variabili della bolletta (quota energia, oneri di rete); ogni membro della comunità continua a pagare per intero la bolletta al proprio fornitore di energia elettrica, ma riceve periodicamente dalla comunità un importo per la condivisione dei benefici garantiti ad essa
– beneficio tariffario: per un periodo di 20 anni e con un corrispettivo unitario e una tariffa premio, il tutto gestito dal GSE; è bene chiarire che gli incentivi non sono riconosciuti a tutta l’energia prodotta, ma solo a quella condivisa all’interno della comunità, cioè a quella consumata dai membri nella stessa fascia oraria di produzione; qualora la produzione sia superiore al consumo, per l’energia eccedente viene riconosciuto alla comunità il solo valore economico dell’energia, senza ulteriori benefici
– agevolazioni fiscali: per i privati è prevista una detrazione fino alla soglia di 200 Kw e per un ammontare complessivo di spesa non superiore ad euro 96.000; per le imprese è previsto un credito d’imposta del 6% con limite di costi ammissibili pari a 2 milioni di euro
– si evita sia la produzione di energia da fonti fossili, sia lo spreco di energia in perdite di rete (gli impianti sono praticamente a km 0 e quindi si evitano sprechi di energia dovuti alle perdite della distribuzione)
– crea lavoro sostenibile sul territorio (costruzione e manutenzione degli impianti)
– rende in qualche modo “protagonista” ciascun membro, che avrà interesse a seguire e gestire i consumi, essendone direttamente coinvolto
I membri della comunità saranno portati a consumare tutta l’energia autoprodotta nelle ore in cui viene prodotta (quindi nelle ore diurne) e non più notturne, cambiando la propria mentalità per raggiungere un obiettivo comune (sociale, ambientale, economico);
Il cittadino può rivestire tre ruoli all’interno della comunità. Può essere:
producer
sono il proprietario dell’impianto
consumer
non sono il proprietario, ma consumo l’energia prodotta da altri
prosumer
è l’unione di entrambe le due figure: sono il proprietario dell’impianto, consumo ciò di cui ho bisogno, immetto nella rete locale l’energia in esubero per scambiarla con gli altri membri della comunità oppure accumularla e restituirla alle unità di consumo nel momento più opportuno
La CER, quindi, può avere diverse configurazioni, ma tutte condividono l’obiettivo di autoprodurre e fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri, mentre quella in eccesso viene immessa nella rete locale.
Concludendo, attraverso le Comunità Energetiche Rinnovabili si possono sperimentare nuovi ruoli innovativi in ambito sociale, etico e civico.
Cittadini, associazioni e realtà imprenditoriali, condividono regole e procedure di autogestione, responsabilità ambientale e condivisione delle risorse, diventando gli attori principali nella gestione dei flussi energetici.
Di fatto, si tratta di un importante passo avanti che favorirà lo sviluppo di energia a chilometro zero e di reti intelligenti.
A ciò puntano le agende di molti stati membri (il PNRR ha previsto 2 miliardi di investimenti per le CER).
Investimenti previsti nel PNRR per le CER
Si aggiunga che, in un periodo in cui si discute molto di dipendenza energetica dall’estero, le comunità energetiche rinnovabili permetteranno – anche quando il peggio sarà passato – di avere una soluzione “strutturale” e non solo emergenziale.
Si tratta di un’opportunità da non sprecare.
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