La divisione, come noto, è quel contratto con cui più comproprietari decidono di sciogliere la comunione tra loro intercorrente e procedere all’assegnazione di beni determinati a ciascuno di essere, con o senza conguaglio. Si parla in particolare di divisione ereditaria quando la comproprietà dei beni che le parti si dividono e assegnano derivi, in toto o da ultimo, da una successione ereditaria.
La divisione ha sempre posto alcune questioni specifiche – ad esempio sulla natura giuridica della stessa – che hanno mosso l’interesse di giuristi nonché, ovviamente della giurisprudenza di legittimità. Un tema, in particolare, riguarda l’attrazione o meno alla comunione legale dei beni laddove l’assegnatario a seguito della divisione ereditaria sia coniugato proprio in comunione legale dei beni.
E’ ovviamente opportuno ricordare che laddove si sia sposati in comunione legale dei beni ogni acquisto successivo al matrimonio, anche se compiuto separatamente da uno solo dei coniugi, cade in automatico in comunione legale (ed è pertanto di entrambi i coniugi). Cosa accade quindi a quanto assegnato a un comproprietario in comunione legale dei beni a seguito di una divisione ereditaria, magari con conguaglio?
Per rispondere è bene evidenziare come, nonostante alterne vicende e diversi filoni interpretativi, sembra ad oggi incontrovertibile il fatto che la divisione in sé abbia natura dichiarativa-distributiva e non costitutiva, salvo alcuni casi in cui la distribuzione dei beni oggetto di divisione e quindi la loro suddivisione non sia avvenuta considerando le proporzionali quote di spettanza di ogni assegnatario (in questo caso, si parla, infatti, di effetto costitutivo della sentenza di divisione). A maggior ragione, quindi, lo scioglimento della comunione ereditaria e la conseguente scelta di procedere a divisione non comportano alienazione di un bene, essendo esso di provenienza successoria.
Fatte queste premesse, la sentenza della Corte di Cassazione 24 maggio 2021, n. 14105 ha stabilito che i beni dell’assegnatario sono da considerare beni personali ai sensi dell’art. 179, comma 1, lettera b) del Codice cCivile e, in quanto tali, non ricadono in alcun modo nella comunione legale dei beni, anche qualora la divisione sia avvenuta in costanza di matrimonio e abbia dato luogo ad un conguaglio in denaro.
buona sera signor notaio: sono sposato in regime di comunione dei beni e posseggo 1/3 di una quota di un immobile ereditato per successione legittima. Se io dovessi acquistare le restanti quote ereditarie con denaro mio e di mia moglie per avere l’intera proprietà dell’immobile, le quote acquistate rientrano in regime di comunione dei beni o no? grazie.
Se possibile un’altra delucidazione: se in una situazione di divisione ereditaria abbiamo due immobili con valori diversi e un erede sempre sposato in regime di comunione dei beni esegue un conguaglio in denaro che appartiene anche all’altro coniuge per ottenere l’immobile che vale di più, l’immobile ottenuto cade in comunione dei beni o risulta come bene personale
Primo scenario: le quote cadono in comunione legale.
Secondo scenario: la dottrina è divisa ma l’ultima sentenza della Corte di Cassazione su cui abbiamo pubblicato un articolo:
lo esclude.
Signor notaio grazie infinite per la risposta chiara e precisa, se posso le vorrei chiedere un consiglio su come muovermi nella seguente questione: parlando di divisione ereditaria lèggevo il meccanismo della collazione per specifici eredi per quanto riguarda le donazioni fatte in vita dal decuius . Lèggevo appunto di quest obbligo di conferire al momento della successione le donazioni fatte in vita per calcolare l
Asse ereditario e ripristinare equamente le quote legittime. Le chiedo: se tra gli eredi si decide di comune accordo di non adoperare questo meccanismo al di là di una dispensa si può fare? Cioè dividersi l eredità secondo le quote che cadono in successione ? Possono eventuali discendenti degli eredi (ad esempio che sn deceduti e che nn hanno deciso di operare la collazione ) impugnare le donazioni ?Nel caso si dovesse operare questo meccanismo bisogna rivolgersi comunque a un notaio per poter bilanciare le quote cadute in successione in base ai beni donati ?nel caso della collazione in natura dove leggo che il bene viene reinserito nella massa è sempre il notaio che esegue questa procedura ?ultima cosa: se i beni residui non sono sufficienti a bilanciare le quote o vi sn beni indivisibili, nel caso si dovesse fare un conguaglio in denaro cm nelle precedenti affermazioni sn tutte procedure da fare con un notaio ? Grazie come sempre
E’ possibile prevedere – a seguito dell’apertura della successione – una rinuncia per all’azione di riduzione.
Chi subentra per rappresentazione ha i medesimi diritti del chiamato cui succede, quindi può impugnare.
Per il “bilanciamento” è necessario trovare preliminarmente un accordo: gli atti sono di competenza notarile.
Grazie per la risposta quindi in pratica se tra gli eredi ci si mette d’accordo tra di loro, ci si può basare solo sulle quote che cadono in successione e nn vedere le donazioni, quindi non operare la collazione per scelta? . Quindi nel caso invece debba operare la collazione che sia in natura o imputazione ci si deve sempre rivolgere a un notaio corretto ?cioè l erede mica puo fare i calcoli da solo ?con i discendenti intendevo il fatto che se ad esempio un nonno dona ad un figlio ad esempio del denaro al momento della successione se altri figli o il coniuge nn dicono nulla che gli sta bene ciò che cade in successione senza appunto operare questo meccanismo ì nipoti che nn sn eredi posso chiederla la collazione ?questo intendevo .il succo della questione è: se l erede è obbligato a conferire le donazioni nonostante per gli altri eredi vadano bene i soli beniresidui che cadono in successione quindi senza restituire materialmente il bene . Grazie ancora
Credo sia prima necessario vedere quanto stabilito nelle donazioni in oggetto circa dispensa o meno da collazione.
Se opera la collazione ritengo sia necessario rivolgersi a un Notaio.
L’obbligo a mio avviso può non operare laddove vi sia unanime valutazione in tal senso.
Se si rinuncia all azione di riduzione, la collazione va eseguita ?
Possono avere presupposto diversi, l’azione di riduzione può essere esperita anche nei confronti di chi non è tenuto alla collazione.
Gentilissimo notaio la ringrazio di cuore per queste delucidazioni se può rispondermi avrei un ultimissima richiesta:
Se in successione abbiamo due figli come eredi e uno di essi in vita ha ricevuto una donazione senza dispensa e nn è stato fatto alcun testamento, la quota di legittima dell’altro figlio a quanto equivale a 1/3 o 1/2 di tutto il patrimonio? se nel relictum ci sono beni per soddisfare almeno 1/3 si soddisfa la quota di legittima oppure deve arrivare alla metà?in parole povere se a un figlio è stato donato 100 e nel relictum vi è solo 50 o un importo minore di 100 è soddisfatta la quota di legittima ?Nel caso il donatario che non ha figli dovesse decedere prima della spartizione dei beni la quota di legittima dell’altro figlio cambierebbe da 1/3 a 1/2 o no ?
Se in successione cadono solo beni in denaro e tra gli eredi ci si mette daccordo su un eventuale spartizione in base alle donazioni ricevute , gli eredi posso procede da soli a questa spartizione senza interpellare un professionista sia in fase di calcolo dell’asse ereditario e sia in fase di spartizione ?questo è l’ultimo messaggio grazie per la pazienza e per la professionalità
La quota di legittima non varia, ma si deve “rimettere dentro” il bene.
Se non c’è dispensa le quote non cambiano, si deve rimettere dentro il bene in natura o per imputazione.
Sul quesito successivo dipende dallo stato della successione (se c’è trasmissione).
In un caso così articolato a mio avviso è necessaria la presenza di un professionista.