ACQUIESCENZA A DISPOSIZIONI TESTAMENTARIE

da | 3 Giu 2023 | successioni | 4 commenti

Come noto si può avere successione testamentaria (laddove sia regolata da testamento) oppure legittima (in assenza di testamento, quando la devoluzione del patrimonio del defunto è regolata dalla legge.

Tramite il testamento un soggetto può regolare le sorti del proprio patrimonio in seguito alla sua morte, tuttavia egli non gode di una libertà assoluta. Infatti, un limite  alla libertà del testatore è dettato dalla cosiddetta quota di legittima che spetta ai legittimari. Ex art. 536 del codice civile tali soggetti nello specifico sono: il coniuge o l’unito civilmente, i figli (ed in caso di loro premorienza i loro figli) e agli ascendenti (ma solo in caso di assenza dei figli). 

Dunque, nel caso in cui vi sia un testamento – valido – può accadere che vi siano determinati soggetti esclusi o parzialmente lesi di quella parte del patrimonio che gli spetterebbe per legge. 

Essi, a fronte della lesione della loro quota di legittima possono far valere quelle norme volte a tutelare tale quota (ad esempio procedere con azione di riduzione o procedere con un accordo di lesione e reintegra della quota di legittima davanti ad un Notaio) oppure, al contrario, possono decidere di non avvalersi di tali tutele e dunque prestare acquiescenza alle disposizioni testamentarie del de cuius.

Un soggetto che presta acquiescenza al testamento va a porre in essere una condotta “passiva” nei confronti della volontà altrui (nel nostro caso del testatore), accettandone così determinati effetti – se così si può dire anche negativi, in quanto si va a rinunciare all’entrata nel proprio patrimonio di possibili beni – nella propria sfera giuridica. 

L’acquiescenza si può concretizzare con un atto davanti al Notaio dove, come detto poc’anzi, ci si va ad adeguare ed uniformare alle volontà testamentarie e conseguentemente si rinuncia ad una possibile futura azione di riduzione.

Un istituto che può apparire simile all’acquiescenza è la rinuncia all’eredità.  Tuttavia, i due istituti presentano sostanziali differenze. Infatti, la prima può essere fatta valere solo dagli eredi legittimari mentre la seconda spetta ai chiamati all’eredità e quindi non ancora eredi. Inoltre, l’istituto della rappresentazione opera solamente per quanto concerne la rinuncia all’eredità e non per l’acquiescenza. Va sottolineato, però, come vi è una corrente minoritaria, che la dottrina non supporta, che sostiene che la rappresentanza operi anche relativamente all’acquiescenza nel caso in cui l’erede legittimario sia totalmente pretermesso dal testamento.  

È importante evidenziare come l’acquiescenza alle disposizioni testamentarie non si possa revocare dunque il soggetto non potrà tornare sulle proprie decisioni. Questa è un’altra sostanziale differenza rispetto alla rinuncia all’eredità la quale, come sappiamo, è revocabile.

Infine, consistendo dunque nella pratica ad una rinuncia all’azione di riduzione è chiaro come l’acquiescenza alle disposizioni testamentarie possa essere fatta solamente dopo l’apertura della successione del de cuius.

Alessia Govoni

dott.ssa - collaboratrice Studio

4 Commenti

  1. quindi,se ho capito bene,un soggetto che opera acquiescenza e che,per di piu’ faccia azione di rinuncia ad azione di riduzione,avvalora in tutto e per tutto,in modo inoppugnabile per tutti,il volere del testatore,anche se totalmente pretermesso.dico bene?

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    • Così risulta evidente la volontà di non volere rivendicare alcun diritto su quell’asse ereditario.

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      • Se ha a un erede serve questo atto di aquscienza .e l’altro erede solo per cattiveria non vuole firmare come si può procedere?

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