EXTRAPROFITTI, UNA SOLUZIONE ALLE CRITICHE

da | 17 Ago 2023 | banche, politica | 0 commenti

La tassa sugli extraprofitti varata dal Consiglio dei Ministri ha infiammato la polemica politica e finanziaria di questo agosto 2023. Come noto e discusso si tratta – riassumendo – di un provvedimento che pone una tassazione straordinaria a carico degli istituti di credito sul margine di interesse, ovvero sulla differenza tra interessi attivi e interessi passivi, guadagnato fra 2022 e 2023 grazie ai continui rialzi dei tassi voluti dalla BCE. La finalità, dichiarata, è di raccogliere risorse per rifinanziare il fondo mutui prima casa per gli under 36 e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.

La norma rientra nel cosiddetto “decreto omnibus”, è stata frutto di un vero e proprio “blitz politico” (con polemiche non banali anche nella stessa maggioranza) ed è già oggetto di vari aggiustamenti che si traddurranno in emendamenti di prossima presentazione nel contesto del percorso parlamentare di conversione.

Ho già personalmente e pubblicamente espresso la mia – favorevolissima – opinione circa la tassa sugli extraprofitti:

Nel 2022 il sistema bancario italiano ha visto la redditività salire del 39% rispetto all’anno precedente con utili complessivi per 14,2 miliardi di euro; le sole prime sei banche hanno registrato un utile netto pari a 12,8 miliardi, in crescita del 66% rispetto al 2021.
La tassa sugli extraprofitti è sacrosanta: non tanto per “punire i ricchi” ma perché solo con strumenti straordinari in aiuto di chi non riesce più a pagare il mutuo (magari perché malconsigliato di fare un tasso variabile invece che fisso) possiamo evitare l’esplosione delle insolvenze con criticità per l’intero sistema.
Facciamo pagare oggi qualcosa alle banche per evitare di doverle salvare domani con soldi pubblici o svenderle all’estero.

tuttavia è intellettualmente onesto prendere atto e ricordare come vi siano – anche autorevoli, seppur tutte contigue al mondo bancario – voci contrarie al provvedimento; le critiche maggiori, in particolare, partono da due distinti ma collegati elementi.

In primo luogo gli idolatri del libero mercato denunciano la gravissima ingerenza dello Stato nell’economia, circostanza per loro inaccettabile e foriera di catasfrofi di ogni tipo. In breve il nostro Governo non può permettersi di incidere sulla libertà di impresa e di concorrenza, le banche devono guadagnare quanto vogliono e se qualcuno ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile è un suo problema.

Da qui parte la seconda critica, che si potrebbe leggere con un marcato accento siciliano (e mi perdonino gli amici della Trinacria per l’accostamento che vuol essere assolutamente ironico): “attenzione, perché se si tassano gli extraprofitti derivanti dai mutui le banche potrebbero decidere di chiudere i rubinetti dei finanziamenti, e allora sarebbero problemi per tutti“.

Si tratta, come palese, di critiche che non condivido, la mano nascosta proposta da Adam Smith che regola il mercato è un mito al pari di Babbo Natale (con la differenza che Babbo Natale non ha mai fatto male a nessuno), l’intervento dello Stato nell’economia è necessario, ma non voglio scacciarle con un tratto di penna, anzi, ritengo possano essere spunto per una proposta correttiva.

Si vuole tutelare il mercato e la libertà di guadagnare  (e perdere) soldi? Si vuole evitare che vi sia una contrazione del credito? Una soluzione banale che risponde positivamente ad entrami i quesiti c’è.

E’ necessario un piccolo passo indietro di natura fiscale. I mutui ipotecari che le banche concedono a chi vuole acquistare casa hanno un regime tributario di estremo favore che si riassume (semplifico) in un’imposta sostitutiva dello 0,25% (se prima casa o liquidità o acquisto non second casa) o del 2% (se seconda casa) sull’importo del finanziamento. In breve, se un cittadino stipula un mutuo prima casa di euro 100.000,00 con una banca pagherà – di tasse – solo euro 250,00.

Ma cosa succede se lo stesso cittadino si fa ad esempio prestare i soldi da un famigliare che – giustamente – vuole essere tutelato iscrivendo ipoteca sull’immobile? La tassazione è decisamente più alta, l’iscrizione d’ipoteca (che in genere è pari al doppio dell’importo concesso, quindi nel caso di cui sopra si parla di totali euro 200.000,00) sconta una tassa ipotecaria pari al 2% del valore, oltre ad imposta di registro fissa (euro 200,00) e bollo (euro 155,00). Ancora, quando l’ipoteca dovrà essere cancellata si dovrà pagare (nuovamente) una tassa ipotecaria pari allo 0,50% del valore, oltre alle solite imposta di registro e bollo. La cancellazione dell’ipoteca relativa al mutuo bancario è invece esente da imposte.

Vediamo quindi la differenza fiscale sempre sull’esempio di euro 100.000,00: un mutuo ipotecario concesso da una banca grava le tasse dell’acquirente per euro 250,00, la stessa identica operazione per prestito fra privati invece per euro 5.710,00, più di venti volte tanto!

Ecco quindi la soluzione, un vero e proprio “uovo di Colombo”: estendiamo il regime fiscale riservato alle banche a tutti i mutui ipotecari, anche a quelli fra privati. In questo modo, in particolare, rispondiamo alle critiche di cui sopra; da un lato apriamo veramente al libero mercato (perché questi privilegi per gli istituti di credito? perché una tassazione diversa per privati o banche?), dall’altro evitiamo i rischi di una contrazione del credito. Infatti chi dovesse essere colpito da un’eventuale credit crunch operato dalle banche potrà rivolgersi ad amici o parenti o terzi (pensiamo anche alle tante imprese con liquidità) per trovare le risorse necessarie al fine del proprio acquisto. Cosa di meglio per i turbocapitalisti? Finalmente un mercato veramente aperto in cui si possono chiedere soldi e dare soldi in maniera libera, senza anacronistiche barriere (tributarie) di accesso.

E’ importante sottolineare come il ricorso alla finanza privata non è una novità nel nostro sistema. Si pensi ad esempio all’equity crowdfunding, settore che come noto mi vede da anni in prima linea quale fondatore di MYBESTINVEST.IT, e su cui progressivamente si stanno – anche alla luce della normativa comunitaria – riducendo limiti e condizionamenti all’investimento.

Mi permetto quindi di lanciare proposta (e sfida): chi veramente crede nel libero mercato faccia proprio l’invito.

Fabio Cosenza

Notaio

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *