INTANGIBILITA’ DELLA LEGITTIMA

da | 2 Mar 2024 | successioni | 0 commenti

Questa settimana ci proponiamo di prendere una pausa dalle novità, legislative e giurisprudenziali, al fine di approfondire un tema di notevole rilievo in ambito successorio: il principio di intangibilità della legittima.

Dopo un susseguirsi negli anni di appuntamenti in cui i clienti ci ponevano domande volte a determinare entro quali limiti potessero disporre del proprio patrimonio in presenza di coniuge o figli, ci è sembrato doveroso approfondire il tema, in modo tale da chiarire alcuni aspetti fondamentali, in funzione di un momento delicato come quello in cui si dispone delle proprie sostanze per il tempo in cui si avrà cessato di vivere.

Partiamo dall’art. 536 c.c., che al comma 1 individua nel coniuge, nei figli e negli ascendenti, le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti.

Tali soggetti, al decesso del de cuius, acquistano il diritto ad una quota dei beni del medesimo – la quota di legittima, appunto – da determinarsi sulla base del patrimonio ereditario ed in funzione dei legittimari effettivamente presenti.

Ciò detto, qualora il testatore volesse disporre delle proprie sostanze escludendo un legittimario o limitando quanto la legge gli riserva, potrebbe farlo? E se sì, con quali modalità?

Il diritto alla quota di legittima non può essere sacrificato dal testatore, così come previsto dall’art. 457 comma 3 del codice civile il quale espressamente prevede che “le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari.”.

Altro articolo che ci permette di procedere avendo tutti gli elementi necessari per rispondere ai nostri quesiti è l’art. 549 c.c., a norma del quale “il testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari”.

Esso realizza per il legittimario una tutela più forte rispetto a quella offerta dall’azione di riduzione, non essendo necessario agire in giudizio per far valere la nullità delle disposizioni che determino pesi o condizioni poiché i medesimi verranno automaticamente considerati come non apposti.

A tale principio, però, esistono delle eccezioni.

Una delle principali, anche in termini di utilizzo nella pratica, è rappresentata dal legato in sostituzione di legittima, disciplinato dall’art. 551 c.c. a norma del quale “Se a un legittimario è lasciato un legato in sostituzione della legittima, egli può rinunziare al legato e chiedere la legittima.

Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede. Questa disposizione non si applica quando il testatore ha espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento.”.

Il legato in sostituzione di legittima rappresenta, quindi, per il testatore, un valido strumento per raggiungere il risultato desiderato poiché, attraverso il medesimo, potrà individuare determinati beni da attribuire al legittimario – escludendo quindi che concorra pro-quota sull’intero patrimonio – a cui sarà rimessa la seguente decisione: conseguire il legato o rinunciare al medesimo optando per l’azione di riduzione.

E’ importante ricordare, permettendoci un inciso su un momento successivo all’apertura della successione, che non necessariamente un legittimario leso o pretermesso – dunque escluso dalla successione – deve ricorre a tale azione, il cui iter risulta spesso non banale, potendo, invece, optare per un accordo, ove saranno ovviamente coinvolti tutti gli eredi – di reintegrazione della quota di legittima, come anticipato in un nostro precedente articolo.

Tornando, invece, ai nostri quesiti, è necessario evidenziare che la libertà del testatore in sede di redazione del testamento, di fatto non viene limitata, ma ciò che conta e va tenuto bene a mente è anche che tale volontà sia poi concretamente realizzabile in seguito al decesso.

Pertanto, al fine di evitare di incorrere in disposizioni nulle, è sempre bene uniformarsi alle norme di legge ed affidarsi al proprio notaio di fiducia, che si occuperà di tradurre i propri desideri in un testamento che possa tener conto dei limiti di legge e al contempo mirare a realizzare il risultato ottimale ricercato dal testatore medesimo.

Rachele Nuti

dott.ssa - collaboratrice Studio

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