La battaglia di Legnano rappresenta – in una narrazione militare patriottica in cui ricordiamo più le sconfitte (tragiche o gloriose, dalla disfatta di Caporetto alla resistenza della divisione Ariete ad El Alamein) che le vittorie – uno dei pochi successi ancora oggi celebrati, tanto da essere strofa anche dell’Inno Nazionale.
Il mito dei prodi della Lega Lombarda che annientano i cavalieri teutonici del perfido Barbarossa in un anelito di libertà che coagula tutti i Comuni italiani rappresenta un topos della storia nazionale in cui ci possiamo riconoscere. E tuttavia, la ricostruzione veritiera dell’intera vicenda non pare proprio essere questa.
Chi ha la passione e la voglia di approfondire – fra i tanti volumi basta citare: “Barbarossa sconfitto a Legnano“, del monumentale prof. Alessandro Barbero, da tutti conosciuto – scoprirà che l’intera vicenda ha caratteri molto meno semplici della banale contrapposizione fra noi tutti i Comuni (i buoni) e loro Tedeschi (i cattivi).
Senza dilungarsi – ho amato così tanto la storia da volere fare il Notaio, e infatti il mio mestiere è un altro – basta, frettolosamente ma spero in maniera chiara, ricordare come la battaglia di Legnano è datata 29 maggio 1176 ma la prima discesa del Barbarossa avviene nell’autunno del 1154, oltre vent’anni prima e non è – potremmo dire – così spontanea. Sono infatti i feudatari (italiani) e alcuni Comuni (italiani: fra tutti Como e Lodi) che stanchi dei soprusi soprattutto di Milano invocano l’intervento dell’imperatore per – diremmo oggi – “ristabilire l’ordine“.
C0s’era infatti successo? Nella crisi del potere imperiale, nell’emergere di ricchezze locali, nel caos di un sistema che non vedeva più un’autorità centrale forte si erano affermate autonomie locali capaci di passare – anche rapidamente – dall’affermazione di sé alla sopraffazione dei vicini. Vicini che non avevano trovato altra risorsa se non invocare quello che – legittimamente: ricordiamolo – era l’unico sovrano e arbitro: Federico il Barbarossa.
Ecco quindi che in questo scenario (che, sottolineo: è quello storico depurato da ogni narrazione) non è proprio vero che “dall’Alpi a Sicilia ovunque è Legnano”; sicuramente quel mattino del 29 maggio dopo varie campagne e anche non banali errori strategici politici del Barbarossa attorno al Carroccio erano stretti gran parte dei Comuni del Nord Italia ma non tutti (e soprattutto non tutti i nobili vassalli dell’Imperatore). In breve, non era tanto o solo una battaglia di libertà ma – more solito si potrebbe dire – di scontro di poteri.
Ma perché, inizierà a domandarsi il cortese lettore che ha avuto la pazienza di giungere fin qui, tutta questa introduzione storica. Qual è il nesso fra Legnano e oggi? Bene, tutto è molto più attuale di quanto possa a prima vista apparire. Un paio di episodi di cronaca, relativi al territorio in cui ho il piacere di essere nato, cresciuto e lavorare possono essere d’ausilio.
Nell’area metropolitana di Bologna grazie ai fondi del PNRR viene progettato (e finanziato) un nuovo sistema di trasporto pubblico a mezzo Tram. In particolare una di queste linee, nel progetto iniziale (datato 2021), deve raggiungere anche la frazione di Primo Maggio, nel limitrofo Comune di Castel Maggiore (ove ho sempre vissuto). Si arriva tuttavia nel 2024 e i ritardi rischiano di condizionare la realizzazione dell’opera. Il Comune di Bologna prende una decisione netta: il Tram non arriverà più a Castel Maggiore ma si fermerà prima, a Corticella, all’interno dei propri confini. Il Comune di Castel Maggiore non può che subire la decisione.
Ancora, nel 2024 si celebrano i 150 anni di Guglielmo Marconi. Il Comune ove ho la mia sede è – come noto – Sasso Marconi. Nel contesto delle celebrazioni vengono destinati 4 (quattro) milioni di euro per il Museo della Comunicazione, che trova spazio a Villa Aldini. Villa Aldini è una villa storica bolognese in passato oggetto di polemiche per la propria destinazione a centro di accoglienza che così viene recuperata. Ovviamente Villa Aldini si trova nel Comune di Bologna, che ha alacremente sostenuto la soluzione. Il limitrofo Comune di Sasso Marconi, ove è anche sito il Mausoleo Marconi (nella spettacolare Villa Grifoni), nulla ha potuto obiettare.
Dopo due (semplici: potremmo portarne altre) aneddoti pratici una valutazione più giuridica e tecnica.
Il Sindaco della Città Metropolitana (ove presente) è – automaticamente – il Sindaco del capoluogo. Il suo potere politico – non banale, cito: “rappresenta l’ente, convoca e presiede il Consiglio metropolitano (l’organo di indirizzo e controllo composto da 18 Sindaci e Consiglieri dei Comuni dell’area metropolitana, eletti, con sistema elettorale di secondo grado) e la Conferenza metropolitana (l’organo collegiale composto dai 55 Sindaci dei Comuni della città metropolitana) […] inoltre sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti: esercita le funzioni attribuite dallo statuto.” si estende sull’intero territorio (già) provinciale.
C’è un piccolo dettaglio, che i coloni americani hanno impresso nell’immaginario collettivo a Boston già nel dicembre del 1773: quel Sindaco Metropolitano governa anche su chi non ha potuto votarlo. Ricordate quindi “no taxation without representation“? Ecco, la questione è esattamente la medesima. Il Sindaco Metropolitano è eletto solamente dai cittadini del capoluogo e quindi – comprensibilmente – non potrà che preoccuparsi in via prioritaria del capoluogo. Tutti gli altri “pagano” ma senza essere rappresentati.
Banalmente, se c’è un Tram da fare e il tempo stringe, il Comune limitrofo non avrà il suo Tram. Se ci sono milioni per un museo da dedicare al grande scienziato, quel museo non si farà nel Comune del grande scienziato ma in quello ove il Sindaco Metropolitano viene eletto.
La storia torna quindi inevitabilmente al 1176 e ancora prima al 1154 e all’espansionismo (in particolare ma non solo) di Milano, che imponeva la proprie condizioni a tutti i più piccoli prossimi centri e feudatari.
La differenza, rispetto ad allora, è nella risposta possibile. In quella seconda metà del XII secolo chi si voleva opporre non vide altra strada che invocare l’intervento del Barbarossa (e alla fine senza successo, sia militare che storico: Legnano, come ho già scritto e già sapete, è finita anche nell’inno). La democrazia moderna (che ha cercato di superare l’assioma di von Clausewitz per cui “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi“) conosce lo strumento del voto ma totalmente spuntato in questo caso: il Sindaco metropolitano è eletto solo dai cittadini del capoluogo, tutti gli altri sono iloti senza diritto di voto. E lo scenario, in un contesto di presunte sempre maggiori autonomie, non potrà giuridicamente migliorare.
Che fare dunque? Nessuna soluzione se non una supina accettazione? Mai consiglierei questo.
In un’era di scarsa partecipazione l’unica soluzione è essere personalmente attivi e presenti nel dibattito civile ancora prima che politico. Nelle comunità che vogliono resistere alla spoliazione da parte del centro l’unica arma è il coinvolgimento della classe dirigente (non solo e banalmente politica: amministratori, imprenditori, professionisti) nella costruzione di un modello alternativo di cittadinanza attiva.
Le grandi (per la dimensione nazionale italiana) città sono ormai prive di condivisione civica e coeso tessuto sociale, che invece può continuare a vivere nei più piccoli centri ove l’impegno di ciascuno fa ancora la differenza. Se tutti chiediamo una risposta e una reazione ai tentativi di accentrare anche locamente ogni risorsa e ogni programmazione la difesa della nostra (piccola) quotidianità è possibile. Non dobbiamo lasciare soli i nostri amministratori, vanno pungolati e sostenuti in questo percorso perchè è – da parte loro – comprensibile la difficoltà a reagire alle pressioni di chi ha maggior peso politico.
Non verrà un Barbarossa a salvarci: quella strada è già stata tentata, ed è comunque finita male. Ma – con il voto, la partecipazione, il senso di comunità, la pressione su chi ci rappresenta ad ogni livello – possiamo salvarci da soli: questa volta la “Societas Lombardiæ et Romandiolæ et Marchiæ” (nei libri di testo la conosciamo come Lega Lombarda, ma così ricorda troppo le vicende politiche moderne) siamo noi.
Notaio
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