DIRETTIVA CASE GREEN

da | 15 Ago 2024 | banche, immobiliare, politica | 0 commenti

Un nuovo (l’ennesimo?) fantasma si aggira per l’Europa da febbrario 2023, e più precisamente da quando il Parlamento Europeo ha approvato una nuova direttiva conosciuta come case green, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica degli edifici e ridurre le emissioni di carbonio nell’Unione Europea. Questa normativa si inserisce nel quadro del Green Deal Europeo e impone l’obbligo di riqualificazione energetica per gli edifici residenziali e commerciali, fissando scadenze specifiche per raggiungere determinate classi energetiche.

Il panico si è subito diffuso fra proprietari immobiliari e operatori del settore, preoccupati dalle draconiane misure imposte da Bruxelles e – soprattutto – dall’impatto che la nuova disciplina “case green” avrà su valore degli immobili e sul mercato immobiliare in generale.

Nel contempo voci incontrollate circa l’applicazione della direttiva case green sono circolate, soprattutto in materia di limiti alla possibilità di vendere e locare immobili in classe energetica non perfomante. La situazione – seppure, lo anticipo fin d’ora: decisamente preoccupante – è tuttavia più articolata e cercherò di chiarire aspetti tecnici (e soprattutto sviluppi futuri) in questo mio contributo.

Partiamo dal dato normativo: la direttiva europea sulle case green fa parte della Direttiva sull’Efficienza Energetica degli Edifici (Direttiva 2010/31/UE, modificata dalla Direttiva 2018/844/UE e ancora oggetto di successivi interventi in corso di recepimento). Questa normativa stabilisce che entro il 2030 tutti gli edifici residenziali nell’Unione Europea dovranno raggiungere almeno la classe energetica E e, successivamente, entro il 2033, dovranno raggiungere almeno la classe D.

Tuttavia, essendo una direttiva, non è automaticamente applicabile nei singoli paesi membri dell’Unione Europea. Ogni Stato deve recepire la direttiva nel proprio ordinamento giuridico, stabilendo le modalità e i tempi di attuazione. Questo aspetto attenua inizialmente il rischio di limitazioni dirette alla commerciabilità degli immobili, poiché ogni paese potrà decidere come e quando implementare le norme.

Tutto risolto? Basta che Roma non si adegui alla follia green comunitaria (noi dobbiamo stare attenti anche ai tappi di plastica delle bottigliette mentre l’Asia è responsabile dell’81% della plastica presente negli oceani) per potere continuare la nostra vita immobiliare?

Purtroppo non è così semplice e facile perché all’impossibilità di imporre limiti diretti a Bruxelles sono pronti ad ovviare con strumenti coercitivi più sottili ma ben più invadenti.

Ecco infatti che entrano in gioco gli Accordi di Basilea. Di cosa si tratta? Sono un insieme di regolamentazioni bancarie internazionali, emanate dal Comitato di Basilea, con l’obiettivo di rafforzare la gestione del rischio e la stabilità finanziaria delle banche. Il primo accordo, Basilea I, è stato introdotto nel 1988, seguito da Basilea II nel 2004 e Basilea III tra il 2010 e il 2017, dopo la crisi finanziaria globale. L’Unione Europea ha recepito questi accordi attraverso normative specifiche, come la Direttiva sui requisiti di capitale (CRD IV, Direttiva 2013/36/UE) e il Regolamento sui requisiti di capitale (CRR, Regolamento (UE) n. 575/2013). Queste leggi vincolanti hanno adattato i principi di Basilea al contesto europeo, imponendo requisiti di capitale e di liquidità più stringenti per le banche, al fine di garantire la stabilità del sistema finanziario dell’UE.

In breve – e per scendere nel nostro settore specifico – gli Accordi di Basilea, attraverso i loro requisiti di capitale, influenzano direttamente il modo in cui le banche gestiscono il rischio nell’erogazione di mutui ipotecari. In particolare, Basilea III impone alle banche di mantenere riserve di capitale adeguate per coprire i rischi associati a diversi tipi di prestiti, inclusi i mutui. Banalmente quando una banca concede un mutuo ipotecario, deve accantonare una certa quantità di capitale in base al rischio del prestito. Se la banca eroga un mutuo a un cliente con un alto rapporto tra il valore del prestito e il valore dell’immobile (Loan-to-Value, LTV), questo mutuo sarà considerato più rischioso. Di conseguenza, la banca dovrà mantenere una maggiore quantità di capitale per coprire il rischio di default. Questo può rendere i mutui più costosi per i clienti con profili di rischio più elevati o portare la banca a limitare l’erogazione di mutui con alti LTV.

Ed ecco la chiave di volta con cui l’Europa stravolgerà la nostra vita, il mercato immobiliare, il valore delle nostre case ed in conclusione il nostro stile di vita.

I vincoli infatti non saranno sulla possibilità di vendere o affittare immobili in classe energetica bassa (perchè su questo decide il singolo Stato) bensì sull’erogazione dei mutui ipotecari per l’acquisto da parte delle banche (perché qui può intervenire la BCE).

In breve, si imporrà ai singoli istituti di credito  di accantonare maggiori riserve di capitale per i mutui destinati all’acquisto di immobili in classe energetica inferiore alle D. Conseguentemente questi mutui avranno tassi (molto) più alti e potranno coprire solo una (modesta) quota del prezzo di acquisto.

Semplifico per essere chiaro: se per acquistare un immobile in classe energetica A o B si otterrà un mutuo pari al 100% del prezzo con un tasso (ad oggi) del 2% per un immobile in classe energetica F o G non si andrà oltre il 50% del prezzo con un tasso superiore al 6%.

Il problema – enorme –  si palesa in alcuni banali dati che fotografano perfettamente la situazione italiana:

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dei mutui serve a coprire una quota pari all'80% o più del prezzo

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immobili residenziali in classe E, F, G

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degli acquisti immobiliari è assistito da mutuo

Senza abaco o calcolatrice alla mano e armati solo di buon senso è immediato comprendere che circa il 50% degli immobili residenziali italiano sparirà dal mercato – per assenza di compratori – a causa della direttiva case green.

Occorre ora fare un passo ulteriore. Spariranno veramente dal mercato? Non potranno più essere comprati?

Ovviamente no, semplicemente potranno essere comprati.. da chi non deve fare un mutuo. Gli immobili in bassa classe energetica, soggetti a svalutazione, saranno acquistati principalmente da investitori o persone con risorse economiche elevate, che non necessitano di mutui per procedere con l’acquisto. Questo scenario porterà a un accentramento della proprietà immobiliare nelle mani di pochi grandi investitori, che successivamente affitteranno questi immobili a coloro che non possono permettersi di acquistare una casa.

Si tratta di una situazione già in via di consolidamento in altri Paesi europei – in Germani ad esempio solo un tedesco su due possiede la casa in cui abita – ma inedita per l’Italia, ove sussiste una tradizione di alta proprietà immobiliare (circa il 73% degli italiani possiede la propria abitazione, rispetto a una media europea del 69%).

In generale è un ritorno al passato, in uno scenario che io definisco il moderno medievalismo dell’Europa – e che investe anche altri settori (come ho già avuto modo di evidenziare: Autonomia, Barbarossa e Sviluppo) – con una nuova polarizzazione sociale, in cui l’accesso alla proprietà della casa diventa sempre più difficile per la classe media e bassa, mentre la proprietà si concentra nelle mani di pochi investitori benestanti. Esattamente come avveniva secoli fa, in un continenti ove proprietà terriera era detenuta da una piccola élite, mentre la maggioranza della popolazione viveva in affitto o sotto forme di servitù.

Possiamo fare qualcosa per evitare tutto ciò? Di certo i profili di azione (rectius: reazione) sono distinti  e interessano sia il singolo che la società.

Il proprietario di casa – in classe energetica modesta – deve brutalmente sapere che è fondamentale si attivi per migliorare immediatamente il proprio immobile. Per le abitazioni indipendenti il percorso è più semplice ma anche nei condomini si tratta di un percorso obbligato. L’opera di sensibilizzazione di amministratori e altri condomini diventa quindi fondamentale. La spesa può essere non banale ma – mi si permetta il paragone ardito, ma le Sacre Scritture (Marco 9,43) sono sempre motivo di ispirazione – “meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna” (traduco: meglio spendere oggi che avere domani una casa che non vale nulla).

L’acquirente di un nuovo immobile deve prestare enorme attenzione alla classe energetica dell’abitazione che va ad acquistare. Ho già chiarito come l’APE sia obbligatorio fin dal preliminare, e qui insisto: chiedetelo subito già in proposta. Devo aggiungere e chiarire che un immobile in classe energetica F o G non è automaticamente da escludere, può essere comunque – oggi – un ottimo affare, capendo tuttavia quali sono le possibilità (e i costi) per un efficientamento.

Rimane infine il profilo collettivo, relativo a cosa possiamo e dobbiamo fare come comunità per evitare questo moderno medievalismo dell’Europa.

L’informazione è il primo passo, ed è per questo che anch’io – oggi, 15 agosto – sono qui a scrivere. Tutti dobbiamo sapere e tutti dobbiamo capire.

La partecipazione è altresì necessiaria, sia in termini di voto che contributo al dibattito pubblico, non si può lasciare la decisione e la narrazione agli altri, dobbiamo esserne partecipi, condividere le notizie e rendere tutti edotti di cosa rischiamo.

Ora non rimane che intervenire. Direttamente, condividendo il rischio che stiamo correndo, e indirettamente, chiedendo alla nostra classe politica correttivi netti. Tocca a noi scegliere se vogliamo tornare a un passato da servi della gleba.

Fabio Cosenza

Notaio

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