Quando si parla della cosiddetta prelazione urbana, si fa riferimento a uno specifico diritto: quello dell’inquilino/conduttore, che regolarmente corrisponde un canone mensile al proprietario, ad essere preferito, a parità di condizioni, ad un altro soggetto (potenziale acquirente), nel caso in cui il proprietario/locatore decida di vendere un immobile.
Nel caso in cui non venga tenuto in debita considerazione tale diritto, la compravendita può essere ritenuta inefficace, allorché l’inquilino eserciti la sua facoltà di riscatto.
Nello specifico, la prelazione urbana può avere ad oggetto:
un immobile ad uso abitativo
un immobile ad uso commerciale, utile per implementare la propria attività
La comunicazione al conduttore circa l’intenzione del locatore di vendere l’immobile (che prende il nome di denuntiatio) , ai sensi dell’art. 38, primo comma della legge 392 del 1978, avviene mediante atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario o eventualmente con altro mezzo equipollente. Devono inoltre essere chiariti ed esplicitati:
il corrispettivo
le condizioni generali riguardanti la compravendita (ad es.: tempistica e modalità di pagamento)
l’invito ad esercitare il diritto di prelazione urbana
Si tende a pensare, anche in base all’orientamento costante della giurisprudenza, che questa fase preliminare non costituisca di per sé una proposta di acquisto, ma un semplice invito formale a esercitare un diritto.
Ci si è domandato tuttavia se la prelazione spetti sempre e comunque al conduttore, o se esistono circostanze peculiari che ne escludono l’applicabilità.
La questione rileva soprattutto in rapporto a determinate operazioni immobiliari, definite vendita in blocco, che riguardano il caso in cui venga venduto un intero complesso immobiliare, da considerare effettivamente come “un tutt’uno” e quindi, quando l’immobile ad uso commerciale oggetto di locazione viene ceduto unitamente ad altri immobili non rientranti nell’alveo del diritto di prelazione.
La Cassazione (ampia, e si citano qui: Cass. 31 maggio 2010, n. 13223; Cass. 19 aprile 2010 n. 9258; Cass. 12 febbraio 2010 n. 3377; Cass. 17 settembre 2008 n. 23747; Cass. 17 settembre 2008 n. 23749; Cass. 5 dicembre 2008, n. 28816; Cass. 6 dicembre 2007 n. 25465; Cass. 26 settembre 2005 n. 18784, in Giust. civ. 2006, I, 2071; Cass. 21 ottobre 1998 n. 10427; Cass. 20 dicembre 2007 n. 26981, in Giust. civ. 2008, I, 1467; Cass. 4 febbraio 2004 n. 2069, in Foro it. 2004, I, 680, in Riv. not. 2004, 1024; Cass. 6 dicembre 2007 n. 25465) sembra unanime nel sostenere che la vendita in blocco esclude qualsivoglia diritto di prelazione, con conseguente esclusione del diritto di riscatto.
Infatti, il “funzionamento” del diritto di prelazione presuppone una perfetta identità e simmetria tra il bene oggetto di vendita e il bene che è oggetto del diritto di preferenza nell’acquisto. Questa identità viene meno se – come avviene nella vendita in blocco – viene venduto un complesso da considerarsi come “unicum”, e tal si considera un’unità dotata di collegamento strutturale o funzionale, non frazionabile in distinte operazioni immobiliari, tra i vari corpi di fabbrica, che ne determina il loro inscindibile asservimento reciproco.
Non è inoltre ipotizzabile una prelazione sul tutto da parte di chi ha diritto di essere preferito solo su una parte del tutto, altrettanto non è ipotizzabile che dal blocco si possa isolare una singola porzione nel cui acquisto sia da preferire chi su di essa abbia questo diritto di preferenza.
Pertanto se ne deduce che va analizzata non solo la situazione oggettiva, di fatto, esistente al momento della vendita (o della denuntiatio), ma deve essere adeguatamente tenuta in considerazione anche l’intenzione dell’acquirente in merito all’utilizzo di tutti i beni acquistati per un fine che ne imponga l’accorpamento.
Resta da definire il confine e la differenza fra la vendita in blocco e la vendita cumulativa, che invece consiste nel trasferimento, in un unico atto, di più unità immobiliari che tuttavia mantengono una propria autonomia strutturale e che, in potenza, possono comunque essere ceduti separatamente senza che ciò intacchi la loro individualità giuridica e funzionale. Il caso della vendita cumulativa – è bene chiarirlo – non esclude il diritto di prelazione urbana dell’inquilino.
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