La prelazione agraria – istituto che emerge in ipotesi di compravendita di terreni – alimenta molti dubbi, ed è già stato oggetto di vari articoli su questo sito.
In particolare si è parlato della possibilità che venga interrotta da un corso d’acqua, di come sia disciplinata laddove vi siano più comproprietari del terreno confinanti, e del rapporto con la prelazione ereditaria.
In questo contributo – a seguito della richiesta specifica di un cliente di studio – si vuole approfondire la possibilità di potere ottenere già in sede di contratto preliminare di vendita la rinuncia al diritto di prelazione agraria da parte dei soggetti a cui lo stesso spetta per legge.
E’ opportuno preliminarmente ricordare come il diritto di prelazione spetti innanzitutto al coltivatore diretto che coltiva il fondo nonché – ove sul fondo non via insediato alcun coltivatore diretto – al confinante (sempre) coltivatore diretto. Il coltivatore diretto che vanta il diritto di prelazione deve essere informato circa tutti gli elementi della proposta contrattuale di alienazione e ha trenta giorni di tempo da quel momento per esercitare il proprio diritto; decorso detto termine il trasferimento può essere perfezionato e il coltivatore diretto nulla può pretendere.
In alternativa al decorso ad attendere il decorso del termine di trenta giorni è però possibile richiedere al coltivatore diretto di rinunciare al proprio diritto. La rinuncia – sul punto vi è costante giurisprudenza e ampia dottrina – non può essere in bianco o preventiva ma deve essere puntuale e fondata sulla conoscenza di tutti gli elementi contrattuali.
Ed ecco il quesito che ci interessa e che è stato posto: è possibile fare intervenire nel contratto preliminare di vendita propedeutico alla successiva cessione il coltivatore diretto che vanta il diritto di prelazione affinché lo stessi rinunci al proprio diritto già in quella sede?
Le perplessità circa la legittimità di tale prassi si basano su due elementi:
– la normativa in materia afferma che la comunicazione al coltivatore diretto debba avvenire tramite “notifica”, quindi a mezzo raccomandata (se non ufficiale giudiziario);
– il diritto di prelazione sorge a seguito della conoscenza di tutti gli elementi della futura compravendita, e nel preliminare la rinuncia non è successiva contestuale ma contestuale.
A mio parere queste obiezioni sono totalmente superabili, alla luce di (costante) giurisprudenza di legittimità in materia.
In primo luogo è ormai pacifico che la notifica della proposta di cessione al coltivare diretto che vanta diritto di prelazione non è imposta da detta legge a pena di nullità, per cui deve ammettersi la validità di forme equipollenti di comunicazione (addirittura si è giunti a riconoscere l’efficacia della comunicazione orale, ove ve ne sia prova, si veda Cass. Civ. luglio 1991 n. 7527).
In secondis ciò che rileva – ai fini della correttezza della procedura – è che il coltivatore diretto sia messo nella condizione di conoscere tutti gli elementi essenziali della proposta di acquisto, che ovviamente (è banale ma bene evidenziarlo) sono presenti nel contratto preliminare di vendita.
Infine, se proprio si teme un tema di tempistica della rinuncia espressa in sede di contratto preliminare di vendita, può essere opportuno – sotto il profilo della tecnica redazionale – inserire detta rinuncia come ultimo articolo del contratto, in modo che sia palese che la stessa giunga a chiusura della pattuizioni intercorse fra venditore e acquirente, rendendo evidente la piena conoscenza delle stesse in capo al coltivatore diretto.
Sul punto può essere altresì citare la giurisprudenza di legittimità secondo cui:
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