L’intero Paese è raccolto attorno ad Amatrice e tutti i luoghi colpiti dal terribile sisma che ha devastato l’Italia centrale. Mentre queste righe vengono scritte purtroppo il conteggio delle vittime rischia di essere ancora in aggiornamento e tanti volontari ed uomini dei vari Corpi sono impegnati nelle attività di soccorso.
In maniera economiabile la macchina della solidarietà si è già attivata, con iniziative singole e collettive, cui anche il Notariato parteciperà, nel solco di quanto anticipato a tutti i colleghi nella comunicazione inviata dal Presidente Salvatore Lombardo. La tragedia tocca direttamente la categoria, con la morte di un dipendente di Notartel, società – controllata da CNN e Cassa – che si occupa di realizzare e gestire servizi informatici e telematici per i notai italiani.
Questo, in particolare, non deve essere il momento delle polemiche ma dell’unità, di tutto il Paese e di tutti i cittadini, per aiutare le zone colpite. Innanzi a tali tragedie i fatti concreti devono venire prima della ricerca di colpevoli o della costruzione di scenari dietrologici che purtroppo non aiutano nessuno. Nonostante la distanza che personalmente mi separa da troppe iniziative di questo Esecutivo non posso che confidare nella pronta azione del Governo cui va la mia personale certezza di un rapido intervento a sostegno a tutte le vittime, come la presenza in loco a poche ore dal disastro del nostro Presidente del Consiglio certamente testimonia.
Superata, tuttavia, la prima immediata fase dell’emergenza, fondamentali diventeranno le iniziative – anche in punta di diritto – finalizzate ad evitare che una – bellissima – parte d’Italia muoia travolta da un’economia stravolta dal sisma. Il premier Renzi ha con forza affermato “Restare vicini alle proprie radici è un diritto“, e attorno a questa, condivisibile, affermazione, ci si deve stringere. Il confronto – ed il doloroso ricordo – ad analoghi recenti disastri – L’Aquila nel 2009, l’Emilia-Romagna nel 2012 – permette di indicare alcuni percorsi che non possiamo più indugiare ad intraprendere.
In particolare, ogni proposta deve rispondere a due diversi meccanismi d’azione: uno locale, teso a ricostruire luoghi – fisici, sociali ed economici – ed uno nazionale, finalizzato alla prevenzione.
Sotto il primo profilo, l’esenzione dai tributi rimane il fondamentale passo iniziale su cui non esitare. Nel termine “tributi” dobbiamo necessariamente inserire ogni genere di imposta e contributo, che investano immobili, mobili registrati, società: per queste ultime, in particolare, la cancellazione del diritto annuale dovuto al Registro Imprese è più che dovuta. Alcuni colleghi hanno anche proposto l’assenza di compensi ed altri oneri (ad es. quelli previdenziali) per tutti gli atti di trasferimento immobiliare nelle zone colpite; sul punto è importante sottolineare come i notai dei Comuni emiliani colpiti dal sisma del 2012, con il successivo coinvolgimento della commissione propositiva del CNN, abbiano già avanzato un più generale testo di legge in materia, comprendendo anche le criticità relative alle ipoteche su detti beni. Anche l’ABI ha offerto il proprio contributo, invitando le banche associate a sospendere le rate dei mutui che interessano gli edifici danneggiati. A riguardo, si invita a prestare attenzione al tema degli interessi relativi al periodo di sospensione, per cui già in varie occasioni si è dovuto pronunciare l’Arbitrato Bancario Finanziario in soccorso dei clienti. L’auspicio è che la sospensione sia totale, in segno di vera solidarietà, investendo anche gli interessi, così che gli stessi non siano dovuti neppure successivamente.
La seconda linea d’azione, invece, deve investire l’intero territorio nazionale. L’Italia è un Paese a rischio sismico e la messa in sicurezza – per quanto possibile – di edifici pubblici e privati non è più rinviabile. Di certo, obbligare tutti i cittadini ad intervenire a proprie cure e spese su case di abitazione, negozi, locali industriali non è possibile. L’unica strada, come sempre, è procedere per incentivi, strutturati sui vari livelli del mercato immobiliare. Per i privati, ad esempio, si può utilizzare il meccanismo delle detrazioni fiscali, già ampiamente testato in ambito energetico. Ai soggetti imprenditoriali, invece, può essere riconosciuto un maggior coefficiente volumetrico in sede di costruzione ovvero una minore aliquota IVA in fase di rivendita. Sul punto, si insiste nell’ormai condivisa necessità di perseguire una politica di “riqualificazione” in luogo del continuo consumo di suolo. Nell’ultimo sisma sono crollati molti edifici costruiti negli ultimi trent’anni, mentre le costruzioni più risalenti hanno, seppur con danni, resistito. E’ evidente come il boom edilizio, con quantità di alloggi a scapito spesso della qualità dei materiali, ora mostri i propri limiti, su cui intervenire. In molti, anche colleghi, sostengono inoltre l’opportunità di un “libretto sismico” che affianchi l’attestato di prestazione energetica. Sul punto è purtroppo necessaria una cruda riflessione. Il tema del risparmio energetico (e della relativa certificazione) è stato oggetto di innumerevoli interventi del legislatore (locale e nazionale) negli ultimi anni su impulso (rectius: diktat) dell’Unione Europea. Qualcuno, all’alba del sisma, ha iniziato a domandarsi perché tanta attenzione su questo profilo e scarsa per altri: la drammatica e pratica riflessione era che – alla fine – di alti consumi non si muore ma di terremoto sì. La risposta è giunta dal Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri, Armando Zambrano, che, in un puntuale comunicato, ha chiarito come “[…] abbiamo qualche difficoltà a far capire ai nostri partner europei l’importanza dell’aspetto sismico. Non a caso a Bruxelles si dà più peso al tema del risparmio energetico che non alla messa in sicurezza degli edifici. Ciò accade perché il problema è percepito come marginale, dal momento che riguarda essenzialmente due paesi del sud Europa, noi e la Grecia. Sarebbe importante ottenere dei risultati su questo terreno perché si potrebbero dirottare preziosi fondi europei sulla riduzione del rischio sismico”. In breve, i terremoti non colpiscono Bruxelles o Berlino, e pertanto non sono una priorità comunitaria, con tutte le conseguenze in tema di direttive, finanziamenti, vincoli di bilancio e possibilità di sforamento dello stesso. Purtroppo un Paese che ha conosciuto sei grandi terremoti nei soli ultimi 30 anni con oltre 4.000 vittime non può però aspettare i problemi dei propri partner, anche se strategici. Il certificato del rischio sismico, da affiancare all’attestato di prestazione energetica in sede di compravendita quale allegato obbligatorio, può essere una risposta concreta, con l’indicazione non solo della categoria in cui si trova l’immobile ma anche dei comportamenti da assumere – e dei luoghi della casa in cui ripararsi – in caso di terremoto. Per evitare il proliferare di fenomeni quale la vendita on-line degli attestati rincorrendo prezzi sempre più bassi da parte di tecnici che poi neppure si recano in loco (come avviene purtroppo per gli APE), sarebbe altresì opportuna la previsione di una tariffa predeterminata dagli ordini professionali degli ingegneri: la sicurezza del Paese non può essere lasciata ad un mercato eterodiretto ed incapace di regolamentarsi.
Tutto questo, però, dopo: come ha detto il nostro Presidente del Consiglio, “Ora la priorità è scavare“. Non posso che essere d’accordo.
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