La Fenice (più comunemente nota – secondo alcuni per un errore dovuto al grande storico Erodoto – con l’appellativo di “Araba”) è un uccello sacro presente in tutti i miti antichi. Già citata nel biblico libro dell’Esodo, popola – con caratteri fisici diversi – antichi Egitto e Grecia, ovunque accomunata però dal medesimo destino: ogni 500 anni, accortasi dell’appropinquarsi della morte, si ritira, costruisce un nido con erbe pregiate e ivi spira bruciata dal sole, per poi risorgere in forma di uovo e ricominciare il ciclo. Il simbolismo, poi ripreso anche dalla cultura cristiana, riconduce al concetto della rinascita, sia spirituale che fisica; il motto collegato è – infatti – post fata resurgo.
L’esistenza storica della Fenice è ormai ritenuta infondata; in molti nel passato l’hanno cercata, qualcuno sostenendo di averla anche catturata (e plausibilmente si trattava di un più modesto fagiano dorato), ma i risultati sono sempre stati scarsi. Oggi, tuttavia, il nostro Paese può vantare il grande primato di avere dato finalmente corpo al mito: come – infatti – l’uccello biblico rinasceva dalle proprie cenere, così Equitalia, risorgerà dal proprio “decreto di rottamazione”. Un’istruttiva favola moderna che è opportuno leggere per capire cosa cambia (se cambia..) soprattutto per ipoteche e gravami vari iscritti in pubblici registri.
Equitalia SPA nasce, non 500 anni fa ma, nel 2007 quale evoluzione – puramente nel nome – della precedente Riscossione SPA. Già dall’anno prima si vede assegnata l’attività di recupero di multe, sanzioni e balzelli vari, diventando l’oggetto principale delle contumelie – più o meno giustificate – dei contribuenti italiani. Certi eccessi in sede di riscossione come alcune notizie di stampa che sottolineano gli ampi (e sicuramente giustificati, vista le enormi pressioni cui sono sottoposti) emolumenti dei vertici non aiutano a svelenire il clima e fin da subito soffia il vento del populismo chiedendo cancellazioni che partono dalle cartelle per poi avere come obbiettivo la società stessa. Società che – si sottolinea – è totalmente in mano pubblica, partecipata in misura quasi paritaria da INPS e Agenzia delle Entrate. A cavallo fra 2015 e 2016 la politica – di governo e di opposizione – si butta sul tema e, confermando le anticipazioni estive (a luglio aveva detto: “entro l’anno bye bye Equitalia”) , il Presidente del Consiglio il 22 ottobre 2016 può presentare agli Italiani il decreto legge n. 193 – pubblicato due giorni dopo in Gazzetta Ufficiale – con cui si sopprime l’Ente.
Le reazioni? Varie e avariate, per riciclare una nota battuta. La politica ovviamente si divide, fra i partiti di Governo che celebrano la propria “capacità di fare” e le opposizioni che indignate urlano alla marchetta elettorale in ottica referendaria. Marchetta un po’ avventata per lo stesso fronte del sì: se la riforma è necessaria per rendere più facile legiferare sbloccando il Paese ma per Equitalia – con l’attuale Costituzione – è bastata una notte (anzi: un bye bye) per dirsì addio, chi è veramente fermo? Nel mezzo del guado, invece, rimangono, contribuenti, professionisti del settore e dipendenti di Equitalia: per loro si apre – nonostante i proclami – un salto nel buio su cui si deve cercare almeno di accendere una luce.
Innanzitutto, sotto il profilo temporale, la soppressione dell’ente avverrà a decorrere dal 1 luglio 2017. In breve, nel contesto di questa Italia e di questa Europa più di un’era in cui tanto può ancora succedere (anche perché il provvedimento governativo è un decreto legge e quindi dovrà intervenire l’approvazione parlamentare). In secondo luogo Equitalia non scompare ma – proprio come la Fenice – risorge dalle proprie ceneri, diventando “Agenzia delle Entrate – Riscossione”; con un rimando alla sua storia recente, pare di trovarsi innanzi alla medesima operazione di maquillage del 2007 con cui si salutò Riscossione SPA (anche il nome è praticamente lo stesso; si passa da un mito egizio al più contemporaneo ritorno dei morti viventi). In verità i veri “walking dead” rischiano di essere i vecchi dipendenti Equitalia, che passeranno al nuovo soggetto, ma previo esame. Qualcuno già difende la posizione parlando di “merito” e “verifica” finalmente anche nel settore pubblico: in verità è come richiedere ad una persona di rifare la maturità ogni volta che cambia lavoro o replicare i test della patente ad ogni nuovo acquisto di autovettura, semplicemente un’assurdità. Inoltre la veste giuridica del nuovo ente come “pubblico economico” lascia aperte enormi perplessità sul contratto cui sarà soggetto il personale, che rischia di abbandonare il profilo pubblico. Anche qui alcuni già brindano alla privatizzazione e al superamento di “sacche di privilegio”; attenzione, lo smantellamento della pubblica amministrazione con le relative figure inizia in Equitalia e finisce negli ospedali, e non si sa mai quando poi si rischia di avere bisogno di un’autombulanza.. La scelta (futura e prossima) dei vertici è un ennesimo elemento di preoccupazione. Ora l’attuale amministratore delegato (Ernesto Maria Ruffini) è promosso commissario straordinario con il compito di stendere uno statuto che sarà poi approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (onnipresente), su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Quest’ultimo esponente dell’Esecutivo avrà poi altresì la vigilanza sull’ente, al cui vertice sarà posto il Direttore dell’Agenzia delle Entrate. La cui nomina è di competenza del Consiglio dei Ministri, dove il Premier si impone senza limiti, come lo stesso avvento di Rossella Orlandi (toscana, laureata in giurisprudenza a Firenze) ha testimoniato. Riassumendo, avremo un nuovo ente pubblico economico identico ad Equitalia con uno statuto approvato dal Presidente del Consiglio e il cui vertice sarà il Direttore dell’Agenzia delle Entrate espressione del Presidente del Consiglio stesso. Si può capire il mito dell’uomo solo al comando e il ritornello del tagliare la burocrazia, ma la concentrazione di potere all’interno della macchina della pubblica amministrazione – soprattutto se quel potere deve ringraziare un unico referente – costituisce un pericolo che la storia avrebbe dovuto insegnarci a bandire.
E ai contribuenti che hanno in essere vertenze con Equitalia cosa succede? L’ “Agenzia delle Entrate – Riscossione” subentrerà in tutti i rapporti di Equitalia, come espressamente prevede il terzo comma del primo articolo del decreto legge citato. E’ conseguente – pertanto – che anche i gravami (ipoteche, pignoramenti) iscritti in pubblici registri saranno da intendersi a favore del nuovo soggetto. Si rimane in attesa di capire se il passaggio dovrà intedersi in forza del provvedimento in parola o l’Esecutivo provvederà specificatamente sul punto. Di certo ora si entra in una fase di stallo che plausibilmente neppure la scadenza di luglio 2017 sbloccherà. Contestualmente all’annuncio dell’addio ad Equitalia si è altresì aperta una finestra per rottamare, con sensibili sconti, le cartelle pendenti (seppure non tutte). La tempistica è stringente ma congrua (90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con un termine di 180 giorni per la risposta) e porterà – vista l’interessante occasione – un accumulo di richieste con tempi di evasioni non breve. E cosa accede se nel mentre Equitalia l’ascia il posto a Riscossione? Chi procede alle cancellazioni? I dipendenti – già condizionati dalla vicenda riassunzione di cui sopra – in forza di quali poteri e seguendo quali protocolli procederanno? Il suggerimento – per i contribuenti interessati – è di procedere con rapidità, nella consapevolezza della necessità di una particolare attenzione all’intero iter; vi è il forte timore che l’intera situazione possa determinare comprensibili disservizi (sopratutto ai fini pubblicitari nei pubblici registri).
Concludendo, la rottamazione di Equitalia lascia enormi punti oscuri. Non si è trattato di un vero addio ma di una semplice riverniciatura. La confusione sul destino dei dipendenti rischia di aumentare la conflittualità lavorativa. L’accentramento dei poteri più che tagliare le poltrone moltiplica le cariche. Non si vuole tuttavia peccare di realismo: Equitalia andava riformata e il pubblico impiego ha ancora sacche di scarsa produttività su cui è necessario intervenire. Tuttavia, est modus in rebus, e il percorso intrapreso dall’Esecutivo necessita una correzione. Le maggiori censure ad Equitalia investivano l’approccio eccessivamente duro e privo di confronto – ben oltre il limite del burocratico – alle difficoltà dei contribuenti. L’accentramento sotto l’Agenzia delle Entrate e la previsione di possibili contratti di stampo prettamente privatistico non sarà una soluzione in tal senso ma rischia di aggravare il problema. E’ già ipotizzabile la previsione di bonus in base alle somme recuperate con cui si alimenterà – a discapito della tutela del contribuente – la produttività di dipendenti privi del riparo del contratto pubblico. La Pubblica Amministrazione per ben funzionare non può invece che organizzarsi in strutture autonome ed indipendenti soggette ad una doppia trasparenza: da un lato, quella delle scelte politiche relative ai vertici da compiersi secondo strumenti collegiali e sulla base di profili con elevati requisiti minimi professionali, e dall’altro quella dei controlli esterni. Così avviene – a torto o ragione, e con molti limiti che ne denunciano l’incompiutezza – in quell’Europa (fra BCE tutalmente scevra da ogni potere e altre agenzie autoreferenziali) che tanti prendono ad esempio ma che poi dimenticano di contestualizzare. Il controllo esterno, nel nostro Paese, è già della magistratura, ordinaria e contabile, vede l’affacciarsi di nuove realtà quale l’Autorità Nazionale per l’Anticorruzione ed in tal senso deve conoscere anche altri strumenti. Con particolare riferimento alla fase esecutiva (quella più delicata anche per i rapporti con il contribuente) diventa opportuno inserire un altro filtro che superi l’attuale automatismo. In tal senso la previsione dell’interveno notarile – a tariffe fisse predeterminate – potrebbe costituire una più certa forma di tutela, per lo Stato e per il cittadino.
Il decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193 ha visto luce e pubblicazione. Ora va convertito in legge e vi è spazio per modifiche. Prosaicamente, non si vuole dire sempre no e non si vuole buttare il bambino con l’acqua sporca, ma si pensa che ogni provvedimento – soprattutto quelli di urgenza – rappresenti un punto di partenza e non di arrivo.
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