Cassazione inedita sulla comunione legale

da | 11 Lug 2018 | famiglia

La Corte di Cassazione con sentenza del 28 febbraio 2018 n. 4676  affronta il tema della disciplina dei beni rientranti nel regime di comunione legale per il caso in cui i coniugi – in un momento successivo alle nozze – convengano di mutare il proprio regime patrimoniale adottando quello della separazione dei beni. 

E’ noto come la comunione legale dei beni rappresenti una comunione senza quote. E’ per tale motivo che i coniugi che optino per tale regime siano impossibilitati ad alienare la sola quota di propria spettanza sul bene in comunione e che sia consentita, al contrario, l’alienazione dell’intero bene in comunione  previo consenso di entrambi i coniugi. 

Il caso di specie sottoposto all’osservanza della Corte riguarda la richiesta – da parte di un marito separato consensualmente  con omologa del Tribunale di Rieti – di scioglimento della comunione sussistente su terreni acquistati in regime di comunione legale dei beni sui quali lo stesso attore aveva, in un tempo successivo, costruito a proprie spese tre fabbricati. La moglie, tuttavia, deduce in giudizio come detti fabbricati sarebbero stati realizzati in violazione delle norme relative alla comproprietà, in particolar modo dell’articolo 1120 Codice Civile. La medesima convenuta richiede, pertanto, la demolizione delle costruzioni, a seguito della quale si sarebbe dovuta proporre domanda divisionale, eccezioni accolte sia in primo grado (Tribunale di Rieti) che dalla Corte d’Appello di Roma. 

La Cassazione, al contrario, ha sostenuto un differente orientamento. 

La Corte Suprema, infatti,  precisa come i terreni su cui il marito ha edificato furono acquistati nel 1987 da entrambi i coniugi in regime di comunione legale dei beni; nel 1988 i coniugi modificarono il loro regime patrimoniale in quello della separazione dei beni, senza procedere allo scioglimento della comunione sui beni precedentemente acquistati; dal 1990 il marito realizzò i fabbricati, utilizzati da entrambi i coniugi e senza alcuna contestazione sino alla separazione personale degli stessi, avvenuta nel 2003. Ancora, la Corte esprime un principio generale per cui ai beni acquistati in un previgente regime patrimoniale (nella fattispecie in esame i terreni acquistati in comunione legale dei beni), continuino ad applicarsi – salva diversa volontà dei coniugi – le norme proprie di siffatto regime (articoli 180 e seguenti del Codice Civile relativi alla comunione legale dei beni) e non quelle del successivo e sopravvenuto regime coniugale (separazione dei beni) né quelle della comunione ordinaria. 

La sentenza rileva – e necessita di considerazione – nelle questioni quotidiane relative alla disciplina di beni sottoposti ad un regime patrimoniale diverso rispetto a quello attuale dei coniugi, nonché alle problematiche conseguenziali circa l’alienabilità degli stessi beni. 

Prima della pronuncia della Corte non vi era dubbio che con la scelta successiva dei coniugi di voler adottare il regime di separazione dei beni, la comunione legale si sarebbe trasformata in comunione ordinaria, che avrebbe consentito a ciascun coniuge di alienare la propria quota (determinata) a prescindere dal consenso dall’altro.  Dal principio generale enunciato dalla Corte, al contrario, emerge come la mera adozione successiva della separazione dei beni quale regime patrimoniale non produca l’effetto immediato di scioglimento della comunione legale dei beni.

Tuttavia,  tale principio sembrerebbe cozzare con un dato di fatto e pacifico: la comunione legale dei beni permane sino al prodursi di una causa di scioglimento di cui all’elencazione contenuta nell’articolo 191 Codice Civile ,tra le cui ipotesi è ricompreso anche il mutamento convenzionale del regime patrimoniale.

Raffaella Di Marco

dott.ssa - collaboratrice Studio

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