Prezzo valore e rendita proposta

da | 19 Ago 2019 | fisco

Il contribuente che acquista un’abitazione è tenuto al pagamento dell’Iva o dell’imposta di registro in misura proporzionale.

Il legislatore ha però previsto due strumenti che consentono, ricorrendo determinate condizioni, di ridurre notevolmente il carico tributario dovuto per il trasferimento di un’abitazione a favore di persone fisiche, parliamo dell’agevolazione “prima casa” e del criterio del “prezzo valore”.

Concentriamoci sul criterio del prezzo-valore, che si applica a partire dal 1°gennaio 2006 e rende possibile regolare fiscalmente alcuni trasferimenti immobiliari al valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito e indicato nell’atto.

Il sistema agevolato de quo si applica alle cessioni soggette ad imposta di Registro (sono escluse quindi, le cessioni soggette ad IVA) nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali.

La norma si applica, a fronte di una precisa richiesta, che la parte acquirente deve rendere al Notaio e che deve risultare dal corpo dell’atto di acquisto. 

La procedura del prezzo-valore consiste nella possibilità offerta al contribuente di determinare la base imponibile per il calcolo dell’imposta di registro in funzione della rendita catastale dell’immobile oggetto di compravendita.

La legge 13 maggio 1988, n. 154 all’art. 12 sancisce la possibilità per l’acquirente di avvalersi della predetta facoltà, anche nel caso in cui la rendita non sia ancora stata attribuita ufficialmente all’immobile, poiché non ancora censito dall’Agenzia del Territorio, permettendo il pagamento dell’eventuale maggiore imposta dovuta, senza sanzioni, in un momento successivo all’atto di compravendita.

Il legislatore, però, nel corso del tempo, per ovviare alle varie difficoltà di coordinamento tra le varie leggi in materia, ha creato una procedura Docfa, in forza della quale è divenuta obbligatoria l’immediata attribuzione di una rendita catastale proposta dal tecnico professionista incaricato in sede di accatastamento iniziale o di variazione successiva. 

In conseguenza di questa evoluzione del sistema catastale, nel contesto dell’art. 12 è stato introdotto il comma 2-bis in forza del quale, relativamente agli immobili con rendita proposta, la “valutazione automatica” veniva subordinata unicamente alla dichiarazione in atto di volersene avvalere.

La giurisprudenza è intervenuta sul punto domandandosi se gravasse sulla parte acquirente sia l’obbligo di dichiarare espressamente nell’atto di volersi avvalere delle disposizioni portate dall’art.12 in esame sia della “rendita proposta” elaborata tramite la procedura informatica denominata Docfa. 

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3409 emessa in data 6 febbraio 2019 ha statuito che “secondo l’attuale sistema catastale la rendita “proposta” dal tecnico professionale appare visualizzabile con la dicitura rendita “non definitiva” per mancato decorso del termine annuale. L’immobile cui è riconducibile una rendita con tale indicazione è in concreto munito di una rendita che solo eventualmente sarà rettificata dagli Uffici competenti. La circostanza che nell’atto di cessione si faccia richiesta di applicazione del meccanismo del “prezzo-valore” infatti deve intendersi essa stessa quale richiesta di attribuzione della rendita catastale (che diverrà) definitiva. Pertanto, l’indicazione in atto di un valore catastale per ipotesi inferiore a quello ‘tabellarè, e cioè inferiore a quello che risulterebbe applicando gli ordinari criteri di legge non costituisce causa d’impedimento all’accesso al beneficio di che trattasi. La definitiva determinazione della rendita influirà sulla determinazione della base imponibile, e quindi legittimerà l’ufficio a riscuotere la differenza di imposta, se la rendita definitivamente attribuita risulterà maggiore di quella presunta o proposta, assunta in un primo momento ai fini della tassazione. Essendo il valore catastale definitivo “base imponibile” – l’ufficio dovrà riscuotere unicamente l’imposta calcolata sulla differenza tra il valore originariamente tassato e quello successivamente determinato, con i relativi interessi, ma senza penalità, e soprattutto senza che rilevi, anche in questo caso, il maggiore corrispettivo pattuito o valore reale dichiarato.” 

Eleonora Cesari

dott.ssa - collaboratrice Studio

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