Interpello 204/2020 dell’Agenzia delle Entrate su acquisto di intero fabbricato

da | 31 Lug 2020 | fisco, immobiliare

Il decreto legge 30 aprile 2019 n. 34 prevede all’interno dell’art. 7 degli incentivi in ambito edilizio, tra cui l’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa di 200 euro l’una per il trasferimento di interi fabbricati – si riporta qui un articolo relativo al tema del Notaio Fabio Cosenza – a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare. L’Agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito a chi siano applicabili – con particolare riferimento ai Fondi Comuni di Investimento – le agevolazioni di cui sopra nella risposta del 7 luglio 2020 all’interpello n°204 del 2020.

L’istante che ha proposto l’interpello è una società francese che svolge un’attività riservata di gestione collettiva di fondi comuni UE, regolarmente registrata presso l’albo dei gestori FIA comunitari, nella sezione “Gestore di fondi di investimento alternativi” in qualità società di gestione di Fondi Comuni di Investimento Alternativi Italiani Immobiliari di Tipo Chiuso riservati a investitori qualificati, che sta valutando l’investimento in alcuni fabbricati, il cui acquisto sarebbe poi eseguito dall’istante in nome e per conto di uno o più fondi comuni d’investimento alternativi italiani immobiliari di tipo chiuso riservati a investitori qualificati e gestiti poi dalla stessa società.

L’istante ritiene di potersi avvalere dei benefici previsti all’art. 7 per l’acquisto dei fabbricati, in quanto ritiene che, anche i trasferimenti di interi fabbricati a favore di società di gestione del risparmio che agiscono in qualità di gestori incaricati della gestione di fondi immobiliari riservati chiusi, possono essere qualificati come effettuati “a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare” come previsto dall’art. 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.

L’Agenzia delle Entrate non condivide l’interpretazione dell’istante.

All’interno del suo parere, l’Agenzia fa riferimento, in primo luogo, al divieto di analogia per le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi , sancito nelle disposizioni preliminari del Codice civile all’articolo 14 e per l’Agenzia “le norme che dispongono agevolazioni od esenzioni sono di stretta interpretazione”. Questa formula è stata in precedenza spiegata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11106 del 2008: “i benefici in esse contemplate non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa”.

L’Agenzia prosegue dicendo che per comprendere se i benefici fiscali previsti dall’art 7 siano applicabili agli atti di trasferimento d’immobili che confluiranno nel patrimonio del fondo immobiliare chiuso (FIA) è necessario verificare se il fondo comune d’investimento (acquirente) possa essere equiparato ai soggetti destinatari della norma agevolativa in questione, ossia le imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare.

L’art. 1, comma 1, lettera j) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), definisce il fondo comune d’investimento come «l’Oicr (Organismo di investimento collettivo del risparmio) costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte».

Per quanto riguarda i fondi italiani immobiliari, che sono oggetto del quesito, l’Agenzia evidenzia che l’articolo 1 del decreto ministeriale 5 marzo 2015, n. 30 – emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze in attuazione dell’art. 39 del TUF – definisce questi organismi d’investimento collettivo del risparmio come «fondi (…) che investono in beni immobili, diritti reali immobiliari, ivi inclusi quelli derivanti da contratti di leasing immobiliare con natura traslativa e da rapporti concessori, partecipazioni in società immobiliari, e parti di altri FIA immobiliari, anche esteri».

È stata la Corte di Cassazione, attraverso la sentenza n. 16605 del 15 luglio 2010 e la sentenza n. 12062 dell’8 maggio 2019, a fornire ulteriori chiarimenti a riguardo.

Nella prima sentenza la Corte afferma il principio secondo cui “I fondi comuni di investimento costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio che li ha istituiti “.

Lo stesso principio è stato successivamente ribadito nella sentenza n. 12062 del 2019, dove la Corte sottolinea che “i fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliari chiusi), disciplinati nel TUF (d.lgs. n. 58 del 1998, e successive modificazioni), sono privi di autonoma soggettività giuridica, costituendo patrimoni separati della società di gestione del risparmio”. La Corte sottolinea, inoltre, che “in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia.”

La Corte afferma quindi che il fondo immobiliare risulta in realtà un patrimonio separato della società di gestione del risparmio che, nello svolgimento dell’attività di valorizzazione del patrimonio immobiliare, non può esercitare direttamente l’attività di costruzione di beni immobili.

L’Agenzia delle Entrate sottolinea infine, che il legislatore, nell’emanare le disposizioni riguardanti i fondi comuni di investimento immobiliare, ha sempre utilizzato una “terminologia diretta ad individuare in maniera puntuale i fondi comuni di investimento, senza ricorrere ad analogie o ad assimilazioni”.

Quindi, in risposta al caso concreto, in seguito a tutti i riferimenti normativi riportati, l’Agenzia delle Entrate ritiene che le agevolazioni previste dall’art 7 non possano essere applicate alle società di gestione di Fondi Comuni di Investimento.

 

Ludovica Adriano Battisatella

dott.ssa - collaboratrice Studio

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