La servitù di parcheggio rappresenta un tema che ha animato da tempo giurisprudenza, dottrina e prassi notarile, ed è già stato oggetto di un precedente articolo. Oggi diventa necessario tuttavia riprendere la questione alla luce di una recente e determinante sentenza della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione Sezioni Unite, 13 febbraio 2024, n. 3925).
E’ opportuno – per un approccio sistematico all’argomento – ricordare come la servitù prediale (dal latino praedium = fondo) sia il diritto reale di godimento su cosa altrui che:
“consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenete a diverso proprietario”
Vista da altra prospettiva, rappresenta una limitazione della facoltà di godimento del proprietario di un immobile, detto fondo servente, alla quale corrisponde un diritto del proprietario di un altro immobile, detto fondo dominante.
La costituzione di tale diritto può essere:
Altresì, le servitù possono essere acquistate a titolo originario (artt. 1061 e 1062 c.c.):
– per usucapione;
– per destinazione del padre di famiglia.
La servitù è sottoposta al principio di tipicità dei diritti reali minori, desumibile dall’art. 832 c.c.. In materia di tipicità si pone una specifica problematica: invero, mentre le servitù coattive sono tipiche e nominate, ci si interroga se nelle servitù volontarie la tipicità riguardi solo lo schema di cui all’art. 1027 c.c. – lasciando la determinazione del contenuto/utilità del diritto all’autonomia contrattuale delle parti -, ovvero anche la c.d. utilitas. In particolare, la questione riguarda la possibilità di costituire, mediante contratto con effetti reali, una servitù prediale avente ad oggetto un parcheggio/posteggio per veicoli.
Un primo orientamento giurisprudenziale, consolidatosi a partire da Cass., 28 aprile 2004, n. 8137, ha negato la possibilità di costituire e riconoscere servitù di parcheggio per assenza del requisito della realitas. La Corte muove dall’assunto che la tipicità delle servitù volontarie sia di carattere non solo strutturale ma anche contenutistico. Ne deriva che, la mera comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo (anche numericamente limitate) non possa valutarsi come un’utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio del tutto personale dei proprietari. Così, il parcheggio di autovetture su di un’area non rientra nello schema tipico del diritto di servitù, difettando la realitas, quale inerenza al fondo dominante (e non al suo proprietario) dell’utilità così come al fondo servente del peso.
Ciò, tuttavia, non impedisce all’autonomia contrattuale delle parti di costituire il diritto di parcheggiare l’auto, non già come un diritto reale di servitù mediante un contratto ad effetti reali (es. compravendita, donazione), ma come un diritto personale di godimento mediante un contratto ad effetti obbligatori (es. locazione, affitto, comodato). Invece, l’eventuale contratto avente ad oggetto la costituzione di una servitù di parcheggio sarebbe nullo per impossibilità dell’oggetto, dal momento che il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali (c.d. servitù irregolari), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo dominate, ma del singolo proprietario di quest’ultimo.
A partire dal 2017, con Cass., 6 luglio 2017, n. 16698, la giurisprudenza di legittimità ha correttamente registrato un’inversione di tendenza, ammettendo, a certe condizioni, la possibilità di costituzione della servitù di parcheggio. La Corte parte da un opposto assunto, rilevando l’assenza, nell’art. 1027 c.c., di una tassativa tipizzazione delle utilitas suscettibili di concretizzare il contenuto delle servitù volontarie, limitandosi la norma ad individuare le condizioni e lo schema tipico del diritto reale, per distinguerlo dal diritto personale di godimento.
L’utilitas per il fondo dominante (cui deve corrispondere il peso per il fondo servente) può dunque avere contenuto assai vario, compresa la facoltà di parcheggiare.
La realitas, che distingue lo ius in re aliena dal diritto personale di godimento, non può essere di per sé esclusa per il parcheggio dell’auto sul fondo altrui. Infatti, la facoltà di parcheggiare l’autovettura sul fondo servente è certamente idonea ad arrecare un’utilità al singolo, ma allo stesso tempo arreca un vantaggio diretto e immediato per il fondo dominante rendendolo maggiormente utilizzabile: è il caso del fondo a destinazione abitativa, il cui utilizzo è innegabilmente incrementato dalla possibilità, per chi sia proprietario, di parcheggiare l’auto nelle vicinanze dell’abitazione. La questione si pone quindi non già in termini di configurabilità in astratto, ma nello stabilire in concreto, in base all’esame del titolo e ad una verifica della situazione di fatto, se sussistano tutti i requisiti del diritto reale di servitù,
coattiva (artt. 1032 e ss. c.c.)
qualora la legge riconosca ad un soggetto il diritto di ottenere – generalmente con sentenza dall’autorità giudiziaria o, nei casi espressamente stabiliti dalla legge, con provvedimento dell’autorità amministrativa – una servitù da parte di un altro soggetto che si rifiuta di costituirla volontariamente
volontaria (artt. 1058 e ss. c.c.)
mediante contratto (a titolo oneroso o gratuito) o testamento
“quali l’altruità della cosa, l’assolutezza, l’immediatezza (non necessità dell’altrui collaborazione, ai sensi dell’art. 1064 cod. civ.), l’inerenza al fondo servente (diritto opponibile a tutti coloro che vantino diritti sul fondo servente potenzialmente in conflitto con la servitù), l’inerenza al fondo dominante (l’utilizzo del parcheggio deve essere, nel contempo, godimento della proprietà del fondo dominante, secondo la sua destinazione), la specificità dell’utilità riservata, la localizzazione intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù affinché non si incorra nella indeterminatezza dell’oggetto e nello svuotamento di fatto del diritto di proprietà“
Se in concreto sussistono tutti gli elementi, in particolare se la facoltà di parcheggio risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di un altro fondo per la sua migliore utilizzazione e non come vantaggio personale del suo proprietario, si sarà in presenza del diritto reale di servitù; in caso contrario di un diritto personale di godimento, che potrà essere attribuito solo mediante un apposito contratto ad affetti obbligatori.
Sul punto, al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza, si sono pronunciate, nel febbraio del 2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un., 13 febbraio 2024, nrg. 3925), che, in linea con l’orientamento consolidatosi dal 2017, ritengono di aderire alla tesi favorevole alla configurabilità, a determinate condizioni, della servitù volontaria avente ad oggetto un parcheggio per auto.
La Suprema Corte riscontra, in primo luogo, un’indubbia affinità fenomenica tra il transitare e il parcheggiare un’autovettura all’interno di un fondo di proprietà altrui. Ne deriva che, come per il passaggio, così per il parcheggio, non vi è ragione per negare alle parti la possibilità di scegliere, nell’esercizio dell’autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c., se perseguire risultati socio-economici analoghi, anche se non identici, mediante contratti ad effetti reali o mediante contratti ad effetti obbligatori. Come l’attribuzione del diritto di attraversare il fondo altrui può essere conseguita attraverso un contratto costitutivo di servitù di passaggio, o attraverso un contratto attributivo di un diritto personale di passaggio; così, in linea di principio, l’attribuzione del diritto di sostare con la propria auto sul fundo altrui può essere conseguita con un contratto costitutivo di servitù di parcheggio, o con un contratto attributivo del diritto personale di parcheggio.
La Corte, poi, individua un argomento di ordine sistematico di indubbia rilevanza, rappresentato dalla legislazione sui vincoli di parcheggio (art. 18 della L. n. 765 del 1967). Il legislatore, infatti, ha condizionato l’edificabilità del fondo destinato a una nuova costruzione alla disponibilità di spazi riservati a parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadro ogni dieci metri di costruzione, configurandosi, su tali spazi, un diritto reale d’uso a favore dei condomini. Ed allora, una volta ammessa pacificamente l’esistenza di un diritto reale d’uso sulle aree da destinare a parcheggio, coerentemente non si può negare l’ammissibilità della costituzione di una servitù di parcheggio per difetto dell’inerenza dell’utilità al fondo dominante (c.d. realitas), perché ciò comporterebbe una contraddizione in termini: il parcheggio non sarebbe utile al fondo nonostante ne condizioni addirittura l’edificabilità. Infine, confermando il percorso motivazionale di Cass., 6 luglio 2017, n. 16698, nel dirimere il contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto:
“In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di un altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione”
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