Divisione
La nozione:
mediante il procedimento divisorio più soggetti partecipanti ad una comunione pongono fine ad essa, ottenendo in via esclusiva la titolarità di alcuni beni già comuni in misura corrispondente al valore della quota a ciascuno di essi spettante.
La divisione può essere:
– contrattuale, per volontà unanime di tutti i comproprietari;
– giudiziale, all’esito di un procedimento innanzi all’Autorità Giudiziaria;
– del testatore, quando è già disposta e disciplinata nel testamento.
Si suole distinguere tra divisione ordinaria e divisione ereditaria; in verità la differenza risiede solo nel titolo (cioé nell’atto o nel fatto in forza del quale più beni sono giunti in comunione fra soggetti diversi) in quanto la disciplina è la medesima, ove compatibile
Le norme principali:
Codice Civile (artt. 713-736 et 1111-1116)
Legge 28 febbraio 1985, n. 47
Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, art. 3 della Tariffa
Una delle questioni più dibattute riguarda in verità la natura giuridica della divisione.
In particolare, la tesi maggioritaria ritiene che la divisione abbia una natura dichiarativa e non traslativa.
Il tema non è banalmente giuridico e astratto ma ha importante ricadute pratiche. Infatti questa impostazione condiziona in materia determinanti alcuni aspetti centrali del procedimento divisorio, ad esempio in tema di minore tassazione, dell’allegazione o meno all’atto della certificazione energetica o di destinazione urbanistica, della necessaria presenza di tutti i comproprietari; tutte questioni che sono di seguito richiamate.
Tuttavia proprio di recente (fine 2019) la Suprema Corte di Cassazione con una propria sentenza a Sezioni Unite ha affermato che la divisione ha natura traslativa.
La pronuncia ha provocato non banale scalpore in ambito notarile, anche se le conseguenze pratiche sembrano essere meno prorompenti e pià contenute rispetto alla portata giuridica del dispositivo stesso.
Sul punto è stato – a firma della dott.ssa Raffaella Di Marco, collaboratrice dello studio – predisposto un contributo specifico a cui si rimanda.
La divisione ha un regime fiscale assai favorevole: si versa un'imposta di registro pari all'1% dell'intero valore della massa da dividere.
Ci sono tuttavia alcune ipotesi particoli ed alcuni approfondimenti che devono essere sinteticamente affrontati, ed in particolare riguardano:
– possibilità di chiedere la tassazione sul valore catastale;
– massime plurime;
– presenza di conguagli;
– rilevanza ai fini fiscali di eventuali plusvalenze.
%
regola generale
Tassazione sul valore catastale
Il Consiglio Nazionale del Notariato nello studio n.123-2018/T ha chiarito che anche per le divisioni vige il limite al potere d’accertamento dell’Amministrazione Finanziaria dal valore “tabellari” (rendita catastale o reddito dominicale moltiplicati per i coefficienti e moltiplicatori previsti nell’art. 52 del Testo Unico Imposta di Registro).
In breve è possibile indicare in atto – ai fini del calcolo dell’imposta di registro – il valore catastale della massa.
Sul punto a conferma anche la circolare 6/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate e la nota prot. n. 909-6231/2008 dell’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale dell’Emilia Romagna.
Masse plurime
Il fenomeno delle masse plurime si verifica quando:
1) più soggetti sono contitolari di più beni in quote uguali;
2) i beni sono giunti ai contitolari in forza di titoli diversi;
3) i contitolari decidono di dividersi tutti i beni con un unico atto attribuendo a ciascuno dei beni in proprietà esclusiva.
Questa situazione rappresenta un problema perché le quote assegnate potrebbero non corrispondere alle quote di diritto spettanti a ciascuno in forza di una provenienza comune.
La giurisprudenza ritiene che questi presupposti originano diverse comunioni quanti sono i titoli di provenienza dei beni, più “masse”. Ci dovrebbero essere, dunque, altrettanti atti di divisioni, non un solo atto con cui dividere i beni aventi provenienza diversa. Sarebbe – secondo questa tesi – possibile solo la divisione all’interno di ogni massa, con previsione di conguagli in denaro per riequilibrare le quote a ciascuno spettanti e quindi con un regime fiscale più gravoso.
In particolare è possibile – anche per la giurisprudenza – provvedere in un unico atto alla divisione tra masse plurime. Nell’atto le parti devono dichiarare:
1) di essere contitolari in quote uguali di beni a loro giunte in forza di diverse provenienze (quindi di essere consapevoli che si tratta di masse plurime);
2) di voler considerare i beni come oggetto di un’unica comunione.
Grazie al ricongiungimento in un’unica comunione da parte di tutti i condividenti, è possibile procedere ad un’unica divisione dei beni tra gli stessi ed in modo proporzionale. Purtroppo la riunione in unica massa di tutti i beni è fiscalmente intesa come atto traslativo e, pertanto, più gravoso in materia fiscale.
Un aiuto fiscale è dato dall’art. 34 del Testo Unico in materia di Imposta di Registro che precisa sia possibile considerare come una sola comunione i beni provenienti ai medesimi soggetti in forza di titoli diversi solo se l’ultima provenienza è una successione mortis causa. L’atto si tassa come unica divisione (con imposta, quindi, all’1%).
Conguagli
E’ possibile che le parti non attribuiscano uguale valore alle assegnazioni ricevute o che le quote assegnate non corrispondano alle rispettive quote del diritto.
Ecco, allora, che nell’atto di divisione le parti prevedono un conguaglio in denaro pari alla differenza dei valori delle assegnazioni per riequilibrare le assegnazioni e non creare squilibrio tra le parti.
In questo caso, tuttavia, l’art. 34 del Testo Unico in materia di Imposta di Registro prevede che l’eccedenza soggiacia alle regole fiscali dei trasferimenti immobiliari con relativa aliquota.
E’ bene chiarire che per eccedenza di intende uno scostamento di valore superiore al 5% di quanto spetti al condividente e il più gravoso regime fiscale trova applicazione a prescindere dall’effettivo versamento di un conguaglio.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito come – per l’eccedenza – si possa invocare (se trattasi di beni abitativi) il meccanismo del prezzo-valore e versare quindi le imposte sul valore catastale.
Plusvalenza
La regola generale in ipotesi di cessione di bene immobile è che la stessa generi plusvalenza se avvenuta nei cinque anni dall’acquisto (si veda art. 67 Testo Unico Imposta sui Redditi).
La divisione senza conguaglio non è rilevante ai fini di un’eventuale successiva rivendita dei beni ricevuti entro anni cinque dall’atto: in breve non genera plusvalenza.
In generale si deve sottolineare come la cessione di immobili aventi provenienza ereditaria non determini mai plusvalenza.
E’ però necessario fare attenzione a due aspetti:
a. la divisione non rileva ai fini della plusvalenza ma può invece emergere il precedente atto d’acquisto, se effettuato nel limite dei cinque anni;
b. la divisione con conguaglio rileva invece ai fini di un’eventuale plusvalenza, che sarà calcolata solo sul conguaglio.
Dal punto di vista formale ci sono tre aspetti su cui è importante richiamare l'attenzione:
Alla divisione devono partecipare necessariamente tutti i comproprietari. La divisione a cui non partecipa qualcuno dei comproprietari è nulla.
In presenza di terreni è necessario allegare alla divisione il certificato di destinazione urbanistica (CDU). L’allegazione può essere omessa solo se trattasi di divisione avente ad oggetto beni di esclusiva provenienza ereditaria.
Si discute se sia necessario o meno allegare l’attestato di prestazione energetica all’atto di divisione, considerato che questo ha natura dichiarativa. Tuttavia, a fini tuzioristici se ne suggerisce comunque l’allegazione.